domenica 16 marzo 2025

PIAZZETTA DEDICATA A SERGIO RAMELLI A LECCE: UNA SCELTA DAVVERO INOPPORTUNA

 

Giorni fa, su proposta di Fratelli d’Italia, è stata intitolata a Lecce una piazzetta a Sergio Ramelli (di cui ricorrevano i cinquant'anni dalla morte) e a tutte le vittime dell’odio politico.

Nulla da eccepire sulla dedica alle vittime di quella che fu una stagione politica devastante per il nostro Paese e che causò tante sofferenze e violenze di ogni genere a tante, troppe persone.

Sulla figura di Sergio Ramelli, ritengo invece la scelta alquanto inopportuna.

Si è trattata di una decisione imposta dall’alto (addirittura dalla precedente amministrazione di Centrosinistra) e come spesso accade, non condivisa con i cittadini di Lecce.

Inoltre è l’ennesima dimostrazione che si ha in questi lidi un approccio a tratti eccessivamente conciliante e comprensivo nei confronti di coloro che sposarono senza indugio le tesi dell’ideologia fascista che dal Ventennio in poi non ha mai veramente smesso di condizionare in modo estremamente negativo la vita politica del nostro Paese, né ha mai favorito una evoluzione culturale tale da superare quella che non esiterei a definire col termine di  “gramigna della Storia”.

Questo si può spiegare innanzitutto per il fatto che il Sud non ha dovuto vivere gli orrori della guerra civile seguita al crollo del regime fascista nel 1943 e che insanguinò per circa due anni vaste zone del Centro Nord, tanto che si può dire che da quelle parti quasi tutti avevano (e hanno ancora) almeno una croce da ricordare fra le vittime di quella che fu una vera carneficina tra italiani.

In secondo luogo, il terrorismo feroce che dilaniò essenzialmente il Centro Nord negli “anni di Piombo” non toccò mai veramente le zone meridionali del Paese se non in modo molto marginale ed occasionale.

Ragione per cui ha preso piede una visione benigna nei confronti dell’ideologia fascista, ora purtroppo idealizzata anche dalle nuove generazioni come l’unica scelta politica per risolvere i tanti mali che attanagliano la società italiana.

E dire che basterebbe aprire qualche libro di Storia (fondati su fatti e non su fantasie di stampo propagandista) e leggere alcuni fatti di cronaca per capire quanto dolore hanno arrecato coloro che si identificarono nel neofascismo italiano che sconvolse l’Italia negli anni ’70.

Certo, Sergio Ramelli non era affatto un fanatico, né si macchiò mai di alcun reato, come pure conviene ricordare che la risposta degli ambienti sovversivi di Estrema Sinistra fu estremamente violenta e causò anch’essa molti lutti in quel tremendo periodo.

Ma di vittime come Ramelli, anche nella Sinistra istituzionale ed extraparlamentare ce ne furono a iosa.

Basta ricordare dal 1970 i nomi (fra tanti altri) di: Saverio Saltarelli, Alberto Brasili, Alceste Campanile, Gaetano Amoroso, Vittorio Occorsio, Benedetto Petrone, Roberto Scialabba, Fausto Tinelli, Lorenzo Iannucci, Claudio Miccoli, Antonio Leandri, Valerio Verbano, Francesco Evangelista, Walter Tobagi, Francesco Mangiameli e Marco Pizzari.

Le seguenti stragi di massa che causarono da sole 130 morti furono però un’esclusiva di quel terrorismo di Estrema Destra spesso colluso con servizi deviati dello Stato: “Piazza Fontana” (1969), “Italicus” (1974), “Stazione di Bologna” (1980) e “Rapido 904” (1984).

E che dire poi dei tre (finora unici) tentativi di colpo di Stato tra il 1964 e il 1974?!

Di questi, due (il “Piano Solo” del 1964 e il “Golpe Borghese” del 1970) sono stati accertati di avere avuto chiaramente una matrice di stampo neofascista.

Detto questo, appare evidente che la decisione della precedente amministrazione comunale di Lecce sia stata operata in modo superficiale quanto inopportuno, soprattutto perché lesive ed irrispettose anche nei confronti di quella parte politica che si trovò antagonista a quella che si richiamava ai valori fascisti.

Sarebbe stato davvero altamente preferibile intitolare quella piazzetta con una frase molto più indicata come: “A tutte le vittime del terrorismo e dell’odio politico” o “Contro la barbarie di ogni fanatismo politico”.

Così purtroppo non è stato.

L’amministrazione Poli Bortone avrebbe potuto benissimo sfruttare una simile occasione per creare davvero una discontinuità con la precedente operando la modifica di cui sopra e facendo così un salto di qualità in grado di superare divisioni politiche che dopo oltre cinquant’anni sono ancora qui a minare la serenità del nostro Paese.

 

Prof. Yvan Rettore

 




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