Stazione ferroviaria di Lecce, 22 marzo 2025, ore 10:00.
Mi sto recando allo sportello per acquistare un biglietto per andare a Bari.
Nello sportello accanto, si avvicina una coppia di francesi sui sessant'anni.
Non posso fare a meno di sentire la conversazione che ingaggiano con l'impiegata di Trenitalia.
Questa comincia subito a rivolgersi a loro in Inglese, ma loro non la capiscono e ripiegano su quel poco di Italiano che conoscono.
Allora insistono garbatamente nel parlare Francese, l'unica lingua in cui si sentono ovviamente a loro agio.
Sento che non necessitano soltanto di un biglietto, hanno bisogno di diverse informazioni precise per valutare la realizzazione di un itinerario personalizzato.
L'impiegata appare visibilmente in affanno e tira fuori un francese maccheronico, talmente approssimativo da risultare a tratti perfino comico.
Ovviamente è una lingua che non conosce e si vede che si sta disperatamente aggrappando ai pochi ricordi di un'esperienza didattica ormai lontana nel tempo.
A farla breve, tra l'Italiano approssimativo dei due turisti transalpini e il Francese "italianizzato" dell'impiegata, riescono dopo un bel po' a capirsi e la coppia se ne va piuttosto soddisfatta per le informazioni ricevute.
Non è la prima volta che mi sono trovato ad assistere a scene analoghe e questa è l'ennesima dimostrazione che non soltanto l'Inglese non è l'unica lingua internazionale del mondo, ma che anche non è la sola che è indispensabile conoscere quando si tratta con l'estero.
Nelle città d'arte nostrane non vengono soltanto anglosassoni o nordici ma anche molti francofoni e ora anche ispanici.
Se con lo Spagnolo, gli Italiani non hanno grandi difficoltà, col Francese è un altro paio di maniche.
E' quindi molto utile quindi oltre all'Inglese, avere la padronanza anche di questa lingua.
Ma nel Sud e in particolare in Puglia, in modo più specifico nel Salento, rimane diffusa la falsa convinzione che basta l'Inglese per interloquire col mondo intero.
Niente di più sbagliato ovviamente.
Fortunatamente nel Nord del Paese, la situazione è radicalmente diversa e nelle zone di frontiera come il Veneto o il Piemonte vengono considerati indispensabili nel settore turistico il Tedesco nella prima e il Francese nella seconda (anche se la conoscenza di quest'ultima è fortemente raccomandata pure in Veneto).
Il problema è che se non si supera questo limite, ad un certo punto appare ovvio che i francofoni (ed in modo più specifico i francesi) finiranno col privilegiare quelle mete in cui la padronanza del francese da parte dei professionisti del turismo sia un dato effettivamente acquisito e non approssimativo.
E questo a cominciare dalla stampa di materiale divulgativo che sia fedele ai dettami di quella lingua in cui ad esempio si suole denominare la Puglia col termine "les Pouilles" e non "la Pouille".
Detto da un madrelingua francese che questa lingua la insegna da oltre trent'anni a livello professionale.
E non soltanto in Italia!
Prof. Yvan Rettore
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