Interventi su temi di attualità, politica, economia e società di Yvan Rettore, scrittore e saggista. http: profprom2009.wixsite.com/formazione
giovedì 25 aprile 2024
GLI ANTIFASCISTI DEL 25 APRILE
mercoledì 17 aprile 2024
IL CENTRO CULTURALE CARMELO BENE DI VEGLIE FESTEGGIA IL SUO PRIMO ANNO DI VITA
Il 22 aprile 2023 prendeva il via in un locale del Salento, e più precisamente nella cittadina di Veglie, un esperimento culturale innovativo, dal titolo "Centro Culturale Carmelo Bene".
Il nome del Centro non fu scelto a caso.
Si volle rendere omaggio ad uno dei massimi esponenti della cultura salentina (ma anche italiana) del Novecento.
In secondo luogo perché i promotori e fondatori del Centro si riconoscevano (e si riconoscono tuttora) interamente nell'atteggiamento ribelle e di strenuo difensore del libero pensiero ed arbitrio che avevano sempre contraddistinto Carmelo Bene lungo tutta la sua esistenza.
L'originalità di quel Centro però non risiedeva e non risiede soltanto in questi aspetti ma nella volontà dei suoi fondatori di impegnarsi senza tregua nel consentire un accesso del tutto gratuito alla cultura e alla formazione, settori che purtroppo oggi vengono sempre più mercificati e monetizzati e quindi rivolti unicamente a coloro che se li possono effettivamente permettere.
Fior di artisti in erba, persone creative o comunque desiderose di esprimere il loro talento, le loro capacità e qualità si trovano oggi sempre più spesso relegate in un perfetto anonimato e costrette a rinunciare alle loro passioni ed aspirazioni.
La cultura per essere autenticamente tale dev'essere necessariamente inclusiva e volta a far evolvere il pensiero umano in ogni sua sfaccettatura.
Nella nostra società così non è e gli autori di questa iniziativa sono pienamente consapevoli di rappresentare una vera e propria anomalia non soltanto nel Salento, ma anche nel resto d'Italia.
E ad accentuare ancor di più questo aspetto permane il fatto che il Centro non risulta essere un'associazione e che non vi sono tessere di adesione da pagare in conformità a tre principi cardine:
- la gratuità di quanto viene proposto, ideato, creato ed offerto
- non figurano capi, direttori, gruppi o entità dirigenti in quanto il Centro viene completamente autogestito da chi ci viene
- chiunque voglia fare è sempre ben accolto nel Centro, perché l'inclusività deve essere uno dei pilastri fondamentali di qualsiasi azione evolutiva del pensiero umano.
Detto questo e nonostante numerosi ostacoli, il Centro Culturale Carmelo Bene nel suo primo anno di vita è riuscito a realizzare quanto segue:
- un evento inaugurativo del Centro
- una cena comunitaria gratuita rivolta alla cittadinanza
- una conferenza pubblica sul tema della situazione della disabilità nel Salento
- tre mostre pittoriche
- due presentazioni di opere letterarie
- due spettacoli musicali
- una presentazione pubblica aziendale
- una giornata di trucco per bimbi a Halloween e una a Carnevale, entrambe realizzate col contributo dei Fratelli Magrì di Mesagne
- un museo sugli effetti speciali del Cinema dei Fratelli Magrì di Mesagne
- una cerimonia di consegna delle targhette "Impegno d'oro" a diverse personalità (fra cui un ex sindaco e un consigliere comunale) che hanno contribuito a valorizzare Veglie attraverso il loro impegno che in questo modo è stato riconosciuto in modo esplicito
- un corso di balli di gruppo
- un corso di lingua inglese
- un corso pittura rivolto a piccoli e grandi
- giochi di società svolti settimanalmente
- percorsi sensoriali
- momenti ricreativi rivolti a persone con disabilità.
E tutto questo è stato concretizzato in modo rigorosamente gratuito e senza mai avere chiesto un centesimo manco alle istituzioni.
Questo primo anno si chiude con la soddisfazione di avere realizzato molto di più di quanto fosse inizialmente auspicabile e con la consapevolezza che tanto potrà essere ancora offerto sia alla comunità vegliese che a quelle limitrofe, con i protagonisti di tale struttura decisi a rimanere saldamente fedeli a quella cultura del dono che da sempre è stata e sempre sarà il pilastro del progetto.
Chiunque voglia esserne parte attiva sarà sempre accolto a braccia aperte e una grande riconoscenza dev'essere rivolta in particolare a tutti coloro che con la loro partecipazione ed il loro sostegno hanno permesso di realizzare questo piccolo miracolo.
Per una società migliore, per un mondo più umano, per cominciare a vivere la pace nell'incontro disinteressato con l'altro.
Prof. Yvan Rettore
Portavoce del Centro Culturale Carmelo Bene di Veglie
venerdì 5 aprile 2024
ARCHIVIAZIONE DELL’ULTIMO PROCEDIMENTO A CARICO DI SPERANZA: LA SCONFITTA DELLA COMPETENZA
Il 4 aprile scorso è stato
archiviato l’ultimo procedimento a carico dell’ex ministro della Salute, Roberto
Speranza.
Confesso di non essere stato stupito
da tale esito perché da tempo non nutro più nessuna fiducia negli organi
giudiziari nostrani, specie quando devono agire nei confronti di un politico.
Ormai, in questi ultimi anni è
più unico che raro che esponenti istituzionali vengano effettivamente condannati
e anche quando ciò accade (è più facile che geli all’Equatore prima che ciò avvenga)
le pene sono talmente lievi da non rivestire praticamente nessun aspetto veramente
sanzionatorio.
Non a caso, i pochissimi personaggi
condannati si sono spesso rifatti una verginità istituzionale tale poi da tornare
a galla e rivestire nuovi incarichi o protagonismi nella vita politica italiana
e a volte perfino europea.
Nel caso di Speranza, al di là
di qualsiasi considerazione sulle motivazioni del Tribunale dei Ministri, c’è
da ricordare un aspetto fondamentale che contraddistingue la nomina dei ministri
della Salute in questo ultimo decennio e che non è stato minimamente tenuto
conto dai magistrati.
Il termine “Competenza” dev’essere
ormai ritenuto un’anomalia da parte della classe dirigente nostrana nella
scelta dei ministri.
E per quanto riguarda il dicastero
della Salute, sarebbe stato doveroso nominare un ministro che avesse dimostrato
di avere effettivamente una cognizione di causa della materia che era chiamato
ad affrontare, ovvero la Scienza medica.
È davvero scandaloso quanto inaccettabile
in una società che si pretende civile e di livello avanzato come la nostra, che
un laureato in Scienze Politiche sia stato chiamato a dirigere per ben due
volte un dicastero di tale importanza per il bene della collettività.
Ed è quindi perfettamente
inutile quanto assurdo non soltanto che poi un ex ministro rivendichi di avere
agito in modo irreprensibile nella conduzione di tale missione, quando non
aveva assolutamente alcuna capacità né conoscenza per affrontare temi relativi
alla sanità pubblica.
E a maggior ragione quando si
è trattato di dover prendere delle decisioni cruciali per affrontare la
pandemia del Covid.
Ritenere Speranza del tutto
estraneo alla gestione quantomeno discutibile di tale fenomeno e delle
conseguenze disastrose che si sono materializzate successivamente sullo stato
delle prestazioni erogate dal SSN, significa di fatto legittimare l’incompetenza
ai massimi vertici istituzionali di questo Paese.
Quindi a prescindere dalle
decisioni della magistratura i risultati dell’impreparazione lampante del
ministero della Salute da parte di tale soggetto rimangono comunque evidenti e
non sarà certo una sentenza di archiviazione a poter modificare la realtà dei
fatti.
In un Paese normale, ma soprattutto
civile, si sarebbe provveduto a nominare a tale incarico un luminare autorevole
della Scienza medica e non certo un laureato in Scienze Politiche!
Purtroppo, questa è l’Italia
di oggi in cui la politica è ormai talmente autoreferenziale da avere smarrito
del tutto il buon senso e una componente non indifferente della magistratura
sta percorrendo le stesse orme dimostrando di non esserne più un contraltare efficace.
Yvan Rettore
domenica 31 marzo 2024
Il TALENTO DEI MEDIOCRI
Una volta per diventare qualcuno e avere successo bisognava davvero sudarsela e fare sacrifici a volte sovrumani per riuscirci.
Oggi invece basta avere un po' di quattrini e il gioco è fatto.
Come?
E' sufficiente affidarsi ad un'agenzia pubblicitaria con esperti di comunicazione.
Il compito di questi ultimi sarà quello di "creare" un personaggio ad hoc che possa corrispondere alle esigenze del mercato e quindi essere vendibile.
Prendiamo il caso di una persona che intende emergere come scrittore, saggista e opinionista.
La prima tappa sarà di lavorare prima di tutto sulla sua apparenza esterna, cercando di renderlo interessante in modo istintivo al pubblico che si intende colpire.
Successivamente gli si fornirà una descrizione esistenziale e caratteriale che possa creare una certa empatia nei confronti dei futuri fans che andrà a fare da corollario fondamentale all'immagine che si intende veicolare.
Si renderanno quindi visibili certi elementi salienti del passato del protagonista, determinate attività e incontri significativi capaci di destare interesse e curiosità.
Quelli che non vanno in tale direzione (ovvero quelli che potrebbero ledere l'immagine che si intende diffondere) dovranno essere e rimanere saldamente rinchiusi nei classici "scheletri nell'armadio".
Una volta compiuto questo passo, si procederà alla programmazione di azioni che determineranno il ruolo che dovrà avere il personaggio che si intende creare.
Nel caso presente, per farlo diventare uno scrittore o saggista di successo, verrà assoldato un writer che avrà per compito di scrivere nel perfetto anonimato un libro (che poi si farà credere essere stato scritto esclusivamente dal cliente) in linea coi pensieri e l'immagine del protagonista del progetto comunicativo.
Poi si realizzeranno siti, filmati e immagini che andranno ad inondare i social in cui saranno stati preventivamente creati diversi profili e pagine di quest'ultimo.
Ovviamente non basterà per renderlo ancora popolare e quindi appetibile sul mercato.
Allora l'agenzia incaricata procederà all'acquisto di pacchetti di migliaia (per non dire decine di migliaia) di seguaci (più noti col termine di "follower) in modo da rendere sempre più visibile l'immagine del proprio cliente.
Sul piano strettamente editoriale, il protagonista del progetto comprerà in modo occulto diverse decine di migliaia di copie del libro scritto, affinché schizzi in alto nelle classifiche delle opere più vendute, facendo credere che effettivamente si tratta di un bestseller.
A quel punto, il personaggio è creato e si dovrà soltanto procedere ulteriormente investendo in diverse presentazioni del libro nelle librerie, nei salotti bene sparsi in varie località del Paese e ovviamente con apparizioni sempre più assidue sia nella stampa scritta che nelle trasmissioni radiotelevisive.
Fantasie quelle che ho scritto?!
Pensate bene a quanti personaggi oggi fanno clamore per qualche tempo e poi vengono improvvisamente relegati nell'anonimato.
Ragazzini che si ergono ad esperti di materie complesse che richiedono diversi lustri di studi, ricerche e approfondimenti, individui che sfruttano determinate situazioni esistenziali per ricavarne profitti basati unicamente sull'immagine, pseudoartisti che sfondano soltanto perché raccomandati dalle persone giuste al momento giusto e via discorrendo.
La nostra società è ormai invasa da simili soggetti del tutto effimeri e mediocri che vengono esaltati dal Mainstream, ma che non hanno assolutamente spessore né intellettuale, né artistico.
Tutta apparenza, fuffa e nient'altro!
Detto questo appare evidente quanto scontato che chi ha veramente talento, riuscirà comunque a ripetersi e non avrà mai bisogno di ricorrere a simili squallidi sotterfugi.
E poco importa se non avrà successo subito perché il tempo è sempre galantuomo e prima o poi le sue indubbie qualità verranno a galla e riconosciute dai più.
E destinate a rimanere impresse nella memoria evolutiva del pensiero umano nei secoli.
Quelli che invece avranno speculato su un talento di fatto inesistente, rimarranno confinati nella memoria del tempo in cui sono stati effimeri protagonisti di una breve stagione di notorietà e le loro opere sì e no che potranno poi essere acquistate per pochi spiccioli in un qualsiasi mercatino dell'usato.
Uno scrittore, un artista, un uomo o una donna di talento vale per le idee e i pensieri che diffonde attraverso le sue opere (e non di altri) e non per ridursi alla bassezza di diventare egli stesso un prodotto da vendere sul mercato per poter affermare di essere qualcuno in questa vita.
Yvan Rettore
domenica 24 marzo 2024
URSULA VON DER LEYEN, I CINQUE ANNI CHE HANNO CAMBIATO L'EUROPA...IN PEGGIO
mercoledì 20 marzo 2024
LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA? NON È MAI STATA COSÌ POTENTE
Il
21 marzo di ogni anno è la “Giornata nazionale della memoria e dell'impegno in
ricordo delle vittime delle mafie”.
È
sicuramente una commemorazione doverosa quanto importante per ricordare chi ha
sacrificato la propria vita per la difesa della legalità in questo Paese.
Ma
come spesso accade in Italia, al di là dei tanti ed immancabili bei discorsi di
circostanza e parate istituzionali, passa in sordina il fatto più significativo
che vede le mafie ben lungi dall’essere state sconfitte.
Peggio
ancora, perché si tratta di un fenomeno criminale ormai diffuso in varie forme
su tutto il pianeta e dotato di poteri, mezzi ed influenze che nessun gruppo di
pressione al mondo è in grado di disporre, né ha mai avuto e/o potrà mai avere.
La
forza del crimine organizzato è tale da essere presente ormai in ogni settore
della società in modo determinante quanto capillare: dall’economia alla
finanza, passando per la politica che ormai ne è un’indiscutibile vassalla, questa
entità criminale risulta ormai invincibile quanto intoccabile.
Non
esistono allo stato attuale istituzioni, aziende produttive, potentati bancari
che possano ragionevolmente scampare alla sua impressionante penetrazione che
non accenna affatto a diminuire, anzi.
Le
ragioni di tale diffusione sono diverse, ma ce n’è una che appare assolutamente
imprescindibile e che è alla base stessa della permanenza sempre più
asfissiante di questo vero e proprio cancro sociale e culturale nel nostro mondo.
Le
società di stampo capitalista e le democrazie puramente formali (ma anche regimi
totalitari come quello cinese) che ne sono al suo incondizionato servizio si
fondano su un dogma che non è minimamente consentito contestare: il profitto.
In
nome della ricerca del profitto tutto è concesso, tutto è scusabile e tutto è adattabile.
È
una realtà non riconosciuta ufficialmente ma che di fatto appare evidente.
La
creazione e diffusione notevole di paradisi fiscali (accanto a quelli storici
come le “casseforti” per eccellenza del mondo capitalista quali erano e sono
ancora la Svizzera, il Lussemburgo, Monaco o il Liechtenstein) in questi ultimi
anni, la lotta puramente di facciata al contante (perché è sulla circolazione
materiale del denaro che si può evadere meglio il fisco, finanziare la
corruzione e sostenere manovre illegali di investimento quanto di devastazione
ambientale e sociale), le sanzioni blande quanto del tutto inefficaci contro i
reati commessi dai colletti bianchi sono soltanto alcuni aspetti dimostrativi
incontestabili di quanto le organizzazioni criminali possano ormai agire indisturbate
dovunque.
E
chi si mette di traverso al loro dominio viene spazzato via in tanti modi, alcuni
molto sbrigativi caratterizzati da azioni di inaudita violenza, ma la maggior
parte si manifestano sempre più attraverso azioni di ricatto, estorsioni e manovre
pilotate di distruzione dell’immagine e reputazione pubblica.
Chi
non è corruttibile, ricattabile e/o manipolabile in toto dalla criminalità organizzata
non può manco pensare di riuscire ad accedere ai piani alti del mondo che conta.
Non
a caso, i magistrati che lottano ancora contro quel fenomeno sono rimasti i
classici quattro gatti e permangono drammaticamente isolati nelle loro azioni.
E
non a caso, ci ritroviamo con una classe politica formata in gran parte da individui
impresentabili, di una mediocrità assoluta e di scarso (per non dire nessuno)
spessore intellettuale, privi come sono di una cultura di rilievo e di una
formazione di livello elevato, in grado di attestare un’indiscutibile serietà e
competenza.
Tutto
fa brodo per permettere a queste organizzazioni di continuare a fare business
in tutti i modi possibili e poco importa che siano leciti o meno.
È
il profitto che conta e questo mette tutti d’accordo, siano essi membri di
quelle entità sia che ne siano manifestamente esterni perché in nome di questo
dogma non ci sono santi che tengano e la morale (qualunque essa sia) può andare
benissimo a farsi friggere.
I
diritti individuali, sociali e ambientali possono quindi benissimo essere
calpestati, sono sacrificabili e possono quindi tranquillamente rimanere relegati
nei faldoni delle migliaia di leggi in vigore.
Al
massimo possono venire citati di tanto in tanto ed essenzialmente per meri scopi
propagandistici, come è solito fare da tempo l’Occidente che è un indiscutibile
maestro in quest’arte di demonizzazione di coloro che vanno contro gli
interessi delle lobby che lo tengono saldamente in pugno.
Ma
di fronte alle organizzazioni criminali che non si fanno nessun scrupolo nel
ricorrere alle più variegate forme di violenza e dispongono di mezzi di
pressione infiniti, anche queste lobby devono adeguarsi ad accettare il loro
incontrastato dominio sia a livello locale che mondiale.
Sì,
perché le organizzazioni criminali non hanno frontiere, non hanno colori
politici, non si sposano mai con nessuno e fanno accordi con chiunque a loro
convenga.
È
davvero il potere globalizzato per eccellenza ed è quello che ha reso le nostre
società incivili, succubi di un individualismo suicidario, dominate da relazioni
fondate soltanto sull’interesse, dove la paura impera ormai dovunque e in
assenza di principi e valori in grado di considerarle ancora umane.
Oggi,
alcuni intellettuali si sono azzardati a dichiarare che vi è una crisi crescente
di democrazia e rappresentatività in tutto il mondo occidentale.
Sicuramente
è una constatazione che ha un fondo di verità, ma per sconfiggere veramente la
criminalità organizzata vi è soltanto una via ed è quella di superare la logica
perversa della ricerca del profitto ad oltranza e di cessare di considerare
quest’ultimo come un dogma intoccabile.
Soltanto
in questo modo si potrà cominciare a porre le fondamenta di una società
autenticamente solidale ed inclusiva i cui membri si troveranno ad interagire principalmente
per la difesa del bene comune e ad emanciparsi sia individualmente che
socialmente nella condivisione e nel sostegno reciproco evitando così di
rimanere confinati alla volontà deleteria e distruttiva di costruirsi un
orticello blindato in cui vivere, o meglio consumare la vita.
In
parole povere, nelle comunità in cui il dogma del profitto non riesce ad
attecchire, fenomeni criminali come la mafia e altri di natura analoga non
possono trovare spazio e crescere, perché è la natura stessa di tali entità ad
impedirne la nascita e la diffusione.
Yvan
Rettore
mercoledì 6 marzo 2024
8 MARZO: L'ENNESIMA RICORRENZA CHE TRALASCIA LE DONNE "INVISIBILI"
Anche quest'anno ricorrerà per l'ennesima volta la Festa della Donna, una giornata in cui dovrebbe essere considerato maggiormente il valore delle donne che ancora troppo spesso vengono discriminate, usate e abusate nelle nostre società contemporanee.
Ciò che purtroppo constato in questo tipo di eventi è che perfino nella loro realizzazione queste dinamiche vengono perpetrate senza alcun ritegno dagli organizzatori e conduttori.
Si realizzano convegni, incontri pubblici e altre manifestazioni in cui viene data la parola esclusivamente a donne di successo, personalità importanti che hanno incarichi di rilievo e spesso di bella presenza.
Il messaggio che si intende dare quindi esula dal significato stesso di questa giornata perché fondato invece sul perseguimento del successo come unico simbolo di affermazione sociale degno di questo nome.
Come a voler dimostrare che le donne di successo sono sempre senza macchia e da prendere ad esempio per riuscire ad emergere dall'anonimato e migliorare la propria condizione.
Ovviamente essere una persona di successo non sta affatto a significare tutto questo, perché come esseri umani sono individui comunque con difetti e debolezze che però non appaiono pubblicamente perché nelle sedi in cui si espongono tali imperfezioni non appaiono.
Personalmente sono davvero stanco di queste kermesse in cui sfilano personaggi che devono essere considerati modelli da seguire.
E questo va ben oltre quelle che avvengono puntualmente in occasione della Festa della Donna.
Penso che sarebbe bello invece realizzare eventi che riescano ad andare in un senso diametralmente opposto in cui possano venire esaltate le figure di donne comuni, quei milioni di "donne invisibili" che attraverso i loro sacrifici e opere quotidiane per la famiglia e il bene comune, si adoperano senza sosta e con orari giornalieri che tra casa e lavoro vanno ben oltre le otto ore canoniche previste di solito a livello professionale.
Vorrei sentire le voci di donne non appariscenti, di donne costrette a tirare su la loro prole in perfetta solitudine, di donne disabili che a causa della loro condizione si ritrovano ad essere ancora più discriminate, di donne che hanno tanti sogni ma che ogni giorno della loro esistenza riescono a diffondere un amore e un'abnegazione che le rendono davvero degli esseri umani meravigliosi, di ragazze che stanno per diventare donne con tutte le loro aspirazioni e progetti di vita, di nonne e donne anziane che spesso soffrono in silenzio per l'isolamento forzato in cui sono state relegate dai loro stessi famigliari.
Donne comuni, estranee al mondo dei VIP, donne non di successo, ma di fatica, semplicemente Donne con la D, quegli esseri umani in grado di dare la vita e di renderla ancora più bella grazie alla loro straordinaria presenza.
Ecco, è questo e tanto altro che vorrei venisse davvero messo in mostra durante i tanti eventi che si fanno ogni anno nel corso di questa giornata, contenuti veri e genuini e non sfilate di persone di successo e altolocate destinate soltanto ad alimentare effimeri momenti di autoreferenzialità e nient'altro.
Yvan Rettore
mercoledì 7 febbraio 2024
CHI O COSA DETERMINA CIÒ CHE È GIUSTO? LA LIBERTÀ HA SENSO SOLTANTO QUANDO ACQUISISCE UNA DIMENSIONE SOCIALE
Chi o cosa determina ciò che è giusto?
Sono i totalitarismi che impongono concetti arbitrari di ciò che è
giusto e sbagliato, ledendo la libertà degli individui e creando una società di
oppressi.
Invece, la libertà inserita in un contesto comunitario fatto di doveri e diritti
(accettati come pilastri di una società civile da tutti i suoi membri)
significa agire in modo tale da non violare questi ultimi né su un piano
individuale, né su un piano collettivo, onde non causare danni né all'uno, né
all'altro.
È in una simile dimensione duale che si definisce di volta in volta
ciò che è giusto e ciò che è sbagliato fare e quindi la libertà di fare ciò che
si vuole in quel contesto.
È esattamente quanto avveniva nelle società dei nativi in assenza di
uno Stato ma in presenza di regole e comportamenti da adottare sia per il bene
del gruppo che per il proprio.
Un altro esempio analogo più recente è quello rappresentato dalle
società curde in cui si è affermato il concetto di un centralismo democratico
che ha consentito in ambiti fortemente comunitari di garantire pure
un'emancipazione femminile sorprendente (estranea a non poche società
mediorientali) e la conservazione di un'identità che altrimenti sarebbe stata
annientata dai rispettivi regimi in cui questa etnia si trova sparsa.
Queste esperienze umane sono esattamente agli antipodi di quanto
avviene in Occidente in cui appunto la libertà viene definita, espressa e
garantita unicamente a livello individuale, in particolare quando viene circoscritta
al raggiungimento di un profitto che rimane un concetto del tutto intoccabile e
sacro (e per la cui realizzazione è tranquillamente consentito nei fatti
trascendere qualsiasi valore umano), mentre su un piano collettivo si riassume
in un conformismo che appiattisce ogni forma di pensiero e di intelletto,
elementi che dovrebbero costituire il sale di qualsiasi evoluzione di società
umana.
Quindi il problema non è la libertà in sé, ma in virtù di come viene
concepita e applicata.
E quando si ritrova ad esserlo senza limiti e rivolta soltanto all'ottenimento
di un mero tornaconto personale allora ha un effetto distruttivo per l'insieme
della società perché appare del tutto svincolata dalla sua dimensione sociale
che a quel punto non viene manco considerata, al punto da rendere materiali i
rapporti tra ogni singolo soggetto.
Yvan Rettore
LA PORNOGRAFIA È UNA QUESTIONE SESSISTA?
Considerare la pornografia come un’attività di degradazione del corpo femminile non è soltanto riduttivo, ma anche profondamente ingiusto perché trattasi di una questione che riguarda ambo i sessi.
Invece nella nostra società si è ancora abituati a puntare il dito
contro le attrici pornostar al pari di quanto si direbbe delle prostitute,
mentre una medesima condanna appare blanda se non addirittura inesistente nei
confronti del sesso forte che conta non pochi esponenti nostrani di fama
internazionale, primo fra tutti un certo Rocco Siffredi, che viene intervistato
largamente dai media e invitato senza remore da varie trasmissioni della TV
generalista.
A prescindere dalle scelte operate da coloro che hanno deciso di attivarsi
professionalmente nel cinema pornografico, trovo del tutto ingiustificata questa
differenza di trattamento.
Condannare a spada tratta le donne ma non farlo nei riguardi degli uomini
è l’espressione di un sessismo che invece di riuscire ad abiurare tale fenomeno
lo alimenta ulteriormente.
Sarebbe ora che si superasse un certo femminismo stantio e fermo agli
anni ’70, ma cominciare invece ad operare un’analisi più approfondita delle ragioni
che hanno consentito a tale genere cinematografico di farsi sempre più spazio,
soprattutto in paesi come il nostro nel quale siamo ancora ben lontani dall’aver
raggiunto una vera e propria emancipazione sessuale.
Non è certo nell’aver consentito la diffusione a man bassa della pornografia
per gli evidenti introiti astronomici (nell’era di internet si stanno
amplificando ancora maggiormente grazie anche alla diffusione esponenziale dei
social) che esso genera, che si può affermare che essa sia così generalizzata e
concretizzata.
Anzi.
A prescindere dalle differenze purtroppo ancora persistenti tra Nord e
Sud e tra località di provincia e grandi città, permane invece l’impressione
che la pornografia stia prendendo un ulteriore slancio proprio per il fatto che
prevale una crescente frustrazione e superficialità nei rapporti umani che
avvengono all’interno della nostra società.
Relazioni sempre più costruite sulla base di interessi e non sulla
condivisione di valori comuni generano evidenti difficoltà di espressione a
tutti i livelli e quindi anche sul piano sessuale, permane ancora radicato un
certo maschilismo che considera la donna soprattutto come un semplice oggetto
di piacere mentre a contrastarlo vi è una massa crescente di donne che non
accettano più di essere trattate come delle bamboline prive di cervello e che rivendicano
quindi di essere rispettate come esseri umani pensanti e con capacità che sempre
più spesso riescono a superare quelle dei maschi.
Entrambi i sessi si ritrovano quindi a non essere emancipati sessualmente
o comunque non del tutto perché risultano apparentemente incompatibili.
Se invece ci fosse una vera e propria armonia tra essi, ciò significherebbe
che ci sarebbero uomini capaci di coinvolgere davvero la propria partner sessualmente
andando oltre la sola soddisfazione della propria libido e da parte delle donne
la capacità di lasciarsi andare del tutto anche nella scoperta di nuove
esperienze fisiche e mentali, perché consapevoli di essere anch’esse protagoniste
dell’atto sessuale e di essere davvero considerate alla pari dal proprio
partner in questo.
Di conseguenza per riuscire a far sì che la pornografia possa finalmente
avviarsi ad un possibile quanto auspicabile declino, non basta di certo
limitarsi a fare i moralisti condannandone gli eccessi e coloro che ne sono protagonisti
sia come attori che come produttori, ma operare affinché il sesso venga vissuto
come un atto autenticamente emancipatorio ed identificativo di ogni individuo e
non come espressione di un momento di frustrazione da una parte e di mera soddisfazione
animalesca dall’altra.
Certo che la diffusione dei social, in particolare di instagram e di
tik tok non favorisce affatto tale processo, specie fra i giovani che pensano
di poter costruirsi un futuro attraverso l’esposizione continua dei loro corpi
in rete, ma la cosa confortante è forse dovuta al fatto che la vita stessa
prima o poi li metterà di fronte alla realtà implacabile delle cose facendoli
superare questa fase insicura ed immatura.
La questione è e sarà semmai di vedere quanti di loro riusciranno
effettivamente a superare effettivamente tale fase.
Risposte esaurienti a riguardo ancora non ce ne sono vista l’apparizione
recente di tale fenomeno.
Yvan Rettore
domenica 21 gennaio 2024
IL TOTALITARISMO DEMOCRATICO: UNA DITTATURA SUBDOLA, QUASI INVISIBILE AI PIÙ
Da quando esistono le società
umane varie forme di totalitarismo si sono avvicendate nel corso dei secoli: da
quello tribale a quello teocratico, da quello comunitario a quello aristocratico,
da quello comunista a quello fascista, da quello militare a quello finanziario
e via discorrendo.
Come a voler dimostrare che l’uomo
preferisce generalmente essere succube di uno o più poteri piuttosto che essere
protagonista fino in fondo della propria esistenza facendo sentire la sua voce di
dissenso nei confronti della massa.
Per farlo bisogna però avere la
piena consapevolezza che si deve passare da una situazione passiva ad una
situazione attiva che implica importanti prese di responsabilità sociali e
individuali che non possono più limitarsi alla sola sfera personale e
famigliare.
Ciò richiede coraggio e un forte
spirito di abnegazione in quanto bisogna essere pronti ad accettare come
conseguenza un inevitabile quanto progressivo isolamento sociale perché la
maggior parte degli esseri umani preferisce di gran lunga vivere in uno stato
di schiavitù e accettare quindi di sottomettersi ogni volta al tiranno di
turno.
Le società umane hanno
sperimentato quindi diversi tipi di totalitarismo più o meno visibili ed
estremamente incisivi e presenti in modo spesso soffocante nell’esistenza di
ogni singolo individuo considerato come un oggetto animato da controllare e
manipolare a piacimento da parte di un ristretto gruppo dirigente di persone,
le quali sfruttando questa debolezza congenita di gran parte dell’umanità, si
ritrovano in posizioni di potere che consentono loro non soltanto di godere di
notevoli privilegi ma anche di decidere della vita e della morte di milioni di uomini
e donne.
Da diversi anni ormai, specie in
Occidente si è vissuta (e si continua a vivere) la stagione di un vero e proprio
totalitarismo democratico.
Sembra un paradosso definire così
i nostri sistemi politici, ma in realtà si tratta di una definizione che invece
calza loro proprio a pennello.
Ingenuamente, la maggioranza
della gente crede che il diritto di voto e la libertà di espressione siano
garanzie della tenuta democratica di un Paese.
Purtroppo non è affatto così
perché (a prescindere dal fatto che si vota anche in paesi retti da dittature
assolute come la Cina - esempio lampante di totalitarismo comunista - o l’Iran -
fra gli esempi più significativi di totalitarismo teocratico), se è vero che ai
nostri lidi si può votare apparentemente senza limiti e avendo a disposizione una
presunta scelta fra diversi schieramenti e partiti, in realtà sono tutte sigle
che parlano uno stesso linguaggio, che non propongono mai alcuna alternativa al
modello di società fallimentare in cui viviamo e che accettano passivamente di
sottomettersi alle stesse logiche di potere che influenzano la politica e l’economia
mondiale.
Lo fanno per convenienza perché ormai
la politica, specie in Occidente, è del tutto svincolata dalle drammatiche
situazioni di povertà, insicurezza sociale e incertezze in cui versa una componente
sempre più crescente di cittadini.
I partiti sono diventati veri e
propri comitati d’affari, autoreferenziali e desiderosi unicamente di poter far
vivere a coloro che li dirigono posizioni di potere sicuramente effimere e
passeggere ma colme di privilegi e opportunità per affermarsi socialmente anche
(e soprattutto) senza averne alcun merito.
Ragion per cui non governano, ma si
accontentano soltanto di gestire momentaneamente un potere per conto di una minoranza
di entità che fanno il bello e il cattivo tempo nel nostro Paese fin dai tempi
dell’Unità e che ora si ritrovano ad avere basi ancora più solide grazie alla globalizzazione.
Quindi non è un caso che oggi i parlamenti
legiferano in modo accessorio mentre gli esecutivi lo fanno a titolo
principale, se non esclusivo, emanando decreti-legge a manetta.
Alcuni potranno contestare questa
evidenza affidandosi alla pseudo novità di quelli che la stampa ha definito “partiti
antisistema”.
Quando però li vai ad analizzare
ti rendi conto che non sono poi così diversi dai partiti tradizionali che
dicono di combattere.
Sono in gran parte partiti
personalisti costruiti intorno alla figura di un leader carismatico e dei
classici “quattro amici al bar”, con un gruppo dirigente costituito da
autonominati e da personaggi transfughi di altre formazioni politiche e concentrati
soltanto su alcuni temi attraverso i quali cercano di trovare disperatamente una
matrice identitaria che li distingua dal resto della classe politica.
Ci sono quelli focalizzati su tematiche
contro l’UE, altri su quelle inerenti ai vaccini, altre sui cambiamenti climatici
e così via discorrendo.
Sembra quasi di assistere a dei
consumatori politici che si sono recati ad un supermercato e hanno scelto fra
gli scaffali quali temi potevano essere più congeniali al loro gruppo al fine
di potersi creare un’identità tale da riuscire ad emergere politicamente nel Paese.
Sono strutture di carattere verticistico,
la dialettica con la base vi è scarsa se non del tutto assente e le regole e
iniziative decise dall’alto devono essere seguite da tutti i soggetti attivi
del partito senza batter ciglio.
Se osi pronunciare una voce di dissenso,
vieni immediatamente colpevolizzato e costretto a piegarti, salvo essere poi isolato
e alla fine a dover lasciare il partito.
Non c’è uno straccio di
riferimento in questi partiti alla costruzione di un’alternativa radicale alla
società attuale, non esiste un immaginario di gruppo condivisibile che possa
ridefinire il concetto del lavoro come attività tesa ad emancipare l’uomo e di
un processo produttivo e finanziario effettivamente sostenibile sia a livello
sociale che ambientale…soltanto slogan e punti programmatici buttati qua e là
un tanto al chilo.
Ma l’elemento peggiore che caratterizza
tutti i partiti risiede, come già accennato prima, nel non avere più alcun
nesso diretto con la società civile e di vivere in una nebulosa staccata dalle
vere problematiche umane, proprio perché si comportano come entità di consumo
di “prodotti” politici anziché come espressioni dei disagi e drammi crescenti
che ogni giorno si fanno sempre più spazio ai nostri lidi e che rimangono in
gran parte ignorati sia dalla stampa che da una classe dirigente interessata essenzialmente
a ciò che può consentirle di mantenersi in essere e di entrare prima o poi alla
tavola imbandita dei privilegi presenti a iosa in caso di accesso ad una posizione
di potere politico.
Il totalitarismo democratico si è
imposto così in modo dominante perché la politica viene vissuta da coloro che se
ne fanno interpreti esattamente come un’attività caratterizzante quella di
consumatori che di volta in volta scelgono ciò che a loro più conviene nel “supermercato”
dei temi sociali, politici, culturali, ambientali ed economici sia per rinforzarsi
come gruppo dirigente all’interno delle loro rispettive compagini politiche sia
per riuscire ad arrivare all’ambita poltrona di eletto o nominato in una
qualsiasi istituzione.
Il superamento del totalitarismo
democratico potrà attuarsi soltanto nell’unione di tutte le entità e persone
che lottano ancora strenuamente per la difesa dei diritti sociali, umani e
ambientali nelle varie zone dei nostri Paesi, spesso in modo isolato e con
pochi mezzi finanziari, ma con una volontà indomita di non arrendersi perché
certi di essere nel giusto e di operare per il bene di tutti e non soltanto di
un ristretto gruppo di persone privilegiate prive di scrupoli che hanno a cuore
soltanto il soddisfacimento delle esigenze derivanti dalla loro squallida
megalomania e altezzosità del tutto ingiustificate.
Yvan Rettore
domenica 7 gennaio 2024
CONTRADDIZIONI DI UN CITTADINO ITALIANO MODELLO
Il cittadino italiano modello è quello che segue
fedelmente l’Agenda 2030 dell'ONU sul clima, che crede ciecamente a qualsiasi comunicato
dell’OMS, che si informa esclusivamente sulla stampa Mainstream e che
si conforma a qualsiasi cosa viene imposta dall’alto.
Incapace di pensare con la propria testa, comunica con gli
altri prevalentemente con whatsapp e i social e questo anche se il suo
interlocutore si trova a meno di un metro da lui.
È capace di assorbire un quantitativo impressionante di informazioni
attraverso i post sui social e i video di qualche minuto su youtube, ma non
legge mai libri (sempre che gli capiti di leggerne) che vadano oltre un
centinaio di pagine (e sarebbero già troppe!) e comunque che non siano scritti
da autori troppo impegnativi e/o impegnati perché essere poi portati a dover elaborare
un concetto proprio risulta ormai un’impresa davvero impervia per non dire
impossibile.
Il lessico a cui ricorre è estremamente ridotto, usa
costantemente anglicismi e/o espressioni anglosassoni di cui spesso non
conosce manco il significato, ma che lo rendono maggiormente interessante ai
più.
Non sa praticamente più scrivere a mano (a parte forse la
firma) e non riesce a fare due conti mentalmente manco quelli di livello elementare.
Sa a malapena che la capitale d’Italia è Roma, ma se gli chiedi
dove si trovano certe città, regioni o nazioni, sorge in lui soltanto una
patetica confusione che denota un’ignoranza pressoché abissale sull’argomento.
Se poi ti azzardi a cercare di approfondire con lui altri
temi di cultura generale, salvati cielo perché come risposte ti arrivano
soltanto dei “non so” a raffica.
Del funzionamento delle istituzioni sa poco o nulla e quando va
a votare (sempre che lo faccia), sceglie i suoi candidati a casaccio e in modo
istintivo o al massimo per tradizione di famiglia o per l’apparenza (l’adagio “l’apparenza
inganna” ovviamente gli è del tutto sconosciuto) che ha chi si presenta.
Ha uno stipendio modesto, compra tutto a rate, paga sempre le
tasse senza batter ciglio, non cucina mai perché è solito riscaldare tutti i
surgelati che acquista, beve bibite gassate e acqua in bottiglie esclusivamente
in pet di scarsa qualità, tutti gli alimenti li compera al supermercato, tutti
rigorosamente sigillati in confezioni di plastica e/o chiusi dentro scatole dai
mille colori.
Ha messo un sacco di piante nel suo appartamento di 50 mq
perché dice di amare il verde ma poi rimane indifferente al fatto che hanno raso
al suolo tutti gli alberi dei viali sotto casa e che quelli dei parchi sono
perlopiù malati o rinsecchiti dall’incuria delle ditte appaltatrici e dallo
smog.
Quando d’estate fa un caldo torrido, essendo la sua abitazione
circondata da cemento e asfalto, fa andare il condizionatore a mille giorno e
notte (alla faccia dell’aumento esponenziale del consumo energetico globale e
dell’inquinamento) e anche quando si sposta in auto, anche solo per percorrere
qualche centinaio di metri, il motore deve restare sempre acceso perché altrimenti,
poverino, come farebbe a respirare senza il climatizzatore funzionante a pompa
all’interno del mezzo?
Dovevano essere davvero eroiche le generazioni precedenti che
riuscivano a percorrere migliaia di chilometri stipate in utilitarie prive di
qualsiasi strumentazione del genere!
La sua macchina è ovviamente un SUV, 100% elettrico (manco a
dirlo!), composto da circa 2000 pezzi prevalentemente di plastica non riciclabile
(e quindi da incenerire per produrre energia e ovviamente inquinare
ulteriormente l’ambiente), da vernici tossiche (perché trattate con un’infinità
di elementi chimici pericolosi per la salute e l’ambiente) e il cui motore ha
richiesto ingenti operazioni di impiego di materie prime sempre più rare, quasi
impossibili da smaltire e con un dispendio di energie e un inquinamento da
urlo.
Tutto questo in nome del “climate change” (in inglese fa più “chic”)
e dell’Agenda ONU 2030 sul clima, ma poi quando si tratta di percorrere
distanze importanti anziché ricorrere al treno, preferisce farlo con l’aereo,
perché è un mezzo più veloce e più comodo.
Poi però è il primo a scatenarsi sui social contro le scie
chimiche, che va a manifestare con gli ecologisti della domenica in difesa del
clima e che è pronto a mangiare cibi in laboratorio (ovviamente prodotti sempre
inquinando l’ambiente e con l’aggiunta di additivi chimici a iosa) e/o insetti
(tanto a cosa servono, non sapendo nemmeno che sono gli unici e i migliori
spazzini che abbia mai generato il nostro ecosistema, di cui garantiscono l’equilibrio
armonioso?).
Non pensa (sarebbe chiedergli troppo), gli sfuggono il significato
di termini quali “rispetto”, “equilibrio” e “umiltà” perché ormai tutto il suo
mondo si riduce alla miseria esistenziale del suo essere insignificante asservito
ad un patetico conformismo che ne fa il servo esemplare di qualsiasi regime di
stampo totalitario.
E purtroppo è quello oggi dominante in Occidente, non
soltanto in Italia.
Yvan Rettore