mercoledì 17 aprile 2024

IL CENTRO CULTURALE CARMELO BENE DI VEGLIE FESTEGGIA IL SUO PRIMO ANNO DI VITA

 

Il 22 aprile 2023 prendeva il via in un locale del Salento, e più precisamente nella cittadina di Veglie, un esperimento culturale innovativo, dal titolo "Centro Culturale Carmelo Bene".

Il nome del Centro non fu scelto a caso. 

Si volle rendere omaggio ad uno dei massimi esponenti della cultura salentina (ma anche italiana) del Novecento. 

In secondo luogo perché i promotori e fondatori del Centro si riconoscevano (e si riconoscono tuttora) interamente nell'atteggiamento ribelle e di strenuo difensore del libero pensiero ed arbitrio che avevano sempre contraddistinto Carmelo Bene lungo tutta la sua esistenza.

L'originalità di quel Centro però non risiedeva e non risiede soltanto in questi aspetti ma nella volontà dei suoi fondatori di impegnarsi senza tregua nel consentire un accesso del tutto gratuito alla cultura e alla formazione, settori che purtroppo oggi vengono sempre più mercificati e monetizzati e quindi rivolti unicamente a coloro che se li possono effettivamente permettere. 

Fior di artisti in erba, persone creative o comunque desiderose di esprimere il loro talento, le loro capacità e qualità si trovano oggi sempre più spesso relegate in un perfetto anonimato e costrette a rinunciare alle loro passioni ed aspirazioni. 

La cultura per essere autenticamente tale dev'essere necessariamente inclusiva e volta a far evolvere il pensiero umano in ogni sua sfaccettatura.

Nella nostra società così non è e gli autori di questa iniziativa sono pienamente consapevoli di rappresentare una vera e propria anomalia non soltanto nel Salento, ma anche nel resto d'Italia. 

E ad accentuare ancor di più questo aspetto permane il fatto che il Centro non risulta essere un'associazione e che non vi sono tessere di adesione da pagare in conformità a tre principi cardine: 

- la gratuità di quanto viene proposto, ideato, creato ed offerto 

- non figurano capi, direttori, gruppi o entità dirigenti in quanto il Centro viene completamente autogestito da chi ci viene 

- chiunque voglia fare è sempre ben accolto nel Centro, perché l'inclusività deve essere uno dei pilastri fondamentali di qualsiasi azione evolutiva del pensiero umano.

Detto questo e nonostante numerosi ostacoli, il Centro Culturale Carmelo Bene nel suo primo anno di vita è riuscito a realizzare quanto segue: 

- un evento inaugurativo del Centro 

- una cena comunitaria gratuita rivolta alla cittadinanza 

- una conferenza pubblica sul tema della situazione della disabilità nel Salento 

- tre mostre pittoriche 

- due presentazioni di opere letterarie 

- due spettacoli musicali 

- una presentazione pubblica aziendale 

- una giornata di trucco per bimbi a Halloween e una a Carnevale, entrambe realizzate col contributo dei Fratelli Magrì di Mesagne 

- un museo sugli effetti speciali del Cinema dei Fratelli Magrì di Mesagne 

- una cerimonia di consegna delle targhette "Impegno d'oro" a diverse personalità (fra cui un ex sindaco e un consigliere comunale) che hanno contribuito a valorizzare Veglie attraverso il loro impegno che in questo modo è stato riconosciuto in modo esplicito 

- un corso di balli di gruppo 

- un corso di lingua inglese 

- un corso pittura rivolto a piccoli e grandi 

- giochi di società svolti settimanalmente 

- percorsi sensoriali 

- momenti ricreativi rivolti a persone con disabilità. 

E tutto questo è stato concretizzato in modo rigorosamente gratuito e senza mai avere chiesto un centesimo manco alle istituzioni. 

Questo primo anno si chiude con la soddisfazione di avere realizzato molto di più di quanto fosse inizialmente auspicabile e con la consapevolezza che tanto potrà essere ancora offerto sia alla comunità vegliese che a quelle limitrofe, con i protagonisti di tale struttura decisi a rimanere saldamente fedeli a quella cultura del dono che da sempre è stata e sempre sarà il pilastro del progetto. 

Chiunque voglia esserne parte attiva sarà sempre accolto a braccia aperte e una grande riconoscenza dev'essere rivolta in particolare a tutti coloro che con la loro partecipazione ed il loro sostegno hanno permesso di realizzare questo piccolo miracolo.

Per una società migliore, per un mondo più umano, per cominciare a vivere la pace nell'incontro disinteressato con l'altro.

Prof. Yvan Rettore 

Portavoce del Centro Culturale Carmelo Bene di Veglie



venerdì 5 aprile 2024

ARCHIVIAZIONE DELL’ULTIMO PROCEDIMENTO A CARICO DI SPERANZA: LA SCONFITTA DELLA COMPETENZA

 

Il 4 aprile scorso è stato archiviato l’ultimo procedimento a carico dell’ex ministro della Salute, Roberto Speranza.

Confesso di non essere stato stupito da tale esito perché da tempo non nutro più nessuna fiducia negli organi giudiziari nostrani, specie quando devono agire nei confronti di un politico.

Ormai, in questi ultimi anni è più unico che raro che esponenti istituzionali vengano effettivamente condannati e anche quando ciò accade (è più facile che geli all’Equatore prima che ciò avvenga) le pene sono talmente lievi da non rivestire praticamente nessun aspetto veramente sanzionatorio.

Non a caso, i pochissimi personaggi condannati si sono spesso rifatti una verginità istituzionale tale poi da tornare a galla e rivestire nuovi incarichi o protagonismi nella vita politica italiana e a volte perfino europea.

Nel caso di Speranza, al di là di qualsiasi considerazione sulle motivazioni del Tribunale dei Ministri, c’è da ricordare un aspetto fondamentale che contraddistingue la nomina dei ministri della Salute in questo ultimo decennio e che non è stato minimamente tenuto conto dai magistrati.

Il termine “Competenza” dev’essere ormai ritenuto un’anomalia da parte della classe dirigente nostrana nella scelta dei ministri.

E per quanto riguarda il dicastero della Salute, sarebbe stato doveroso nominare un ministro che avesse dimostrato di avere effettivamente una cognizione di causa della materia che era chiamato ad affrontare, ovvero la Scienza medica.

È davvero scandaloso quanto inaccettabile in una società che si pretende civile e di livello avanzato come la nostra, che un laureato in Scienze Politiche sia stato chiamato a dirigere per ben due volte un dicastero di tale importanza per il bene della collettività.

Ed è quindi perfettamente inutile quanto assurdo non soltanto che poi un ex ministro rivendichi di avere agito in modo irreprensibile nella conduzione di tale missione, quando non aveva assolutamente alcuna capacità né conoscenza per affrontare temi relativi alla sanità pubblica.

E a maggior ragione quando si è trattato di dover prendere delle decisioni cruciali per affrontare la pandemia del Covid.

Ritenere Speranza del tutto estraneo alla gestione quantomeno discutibile di tale fenomeno e delle conseguenze disastrose che si sono materializzate successivamente sullo stato delle prestazioni erogate dal SSN, significa di fatto legittimare l’incompetenza ai massimi vertici istituzionali di questo Paese.

Quindi a prescindere dalle decisioni della magistratura i risultati dell’impreparazione lampante del ministero della Salute da parte di tale soggetto rimangono comunque evidenti e non sarà certo una sentenza di archiviazione a poter modificare la realtà dei fatti.

In un Paese normale, ma soprattutto civile, si sarebbe provveduto a nominare a tale incarico un luminare autorevole della Scienza medica e non certo un laureato in Scienze Politiche!

Purtroppo, questa è l’Italia di oggi in cui la politica è ormai talmente autoreferenziale da avere smarrito del tutto il buon senso e una componente non indifferente della magistratura sta percorrendo le stesse orme dimostrando di non esserne più un contraltare efficace.

 

Yvan Rettore




domenica 31 marzo 2024

Il TALENTO DEI MEDIOCRI

Una volta per diventare qualcuno e avere successo bisognava davvero sudarsela e fare sacrifici a volte sovrumani per riuscirci.

Oggi invece basta avere un po' di quattrini e il gioco è fatto.

Come?

E' sufficiente affidarsi ad un'agenzia pubblicitaria con esperti di comunicazione.

Il compito di questi ultimi sarà quello di "creare" un personaggio ad hoc che possa corrispondere alle esigenze del mercato e quindi essere vendibile.

Prendiamo il caso di una persona che intende emergere come scrittore, saggista e opinionista.

La prima tappa sarà di lavorare prima di tutto sulla sua apparenza esterna, cercando di renderlo interessante in modo istintivo al pubblico che si intende colpire.

Successivamente gli si fornirà una descrizione esistenziale e caratteriale che possa creare una certa empatia nei confronti dei futuri fans che andrà a fare da corollario fondamentale all'immagine che si intende veicolare.

Si renderanno quindi visibili certi elementi salienti del passato del protagonista, determinate attività e incontri significativi capaci di destare interesse e curiosità.

Quelli che non vanno in tale direzione (ovvero quelli che potrebbero ledere l'immagine che si intende diffondere) dovranno essere e rimanere saldamente rinchiusi nei classici "scheletri nell'armadio".

Una volta compiuto questo passo, si procederà alla programmazione di azioni che determineranno il ruolo che dovrà avere il personaggio che si intende creare.

Nel caso presente, per farlo diventare uno scrittore o saggista di successo, verrà assoldato un writer che avrà per compito di scrivere nel perfetto anonimato un libro (che poi si farà credere essere stato scritto esclusivamente dal cliente) in linea coi pensieri e l'immagine del protagonista del progetto comunicativo.

Poi si realizzeranno siti, filmati e immagini che andranno ad inondare i social in cui saranno stati preventivamente creati diversi profili e pagine di quest'ultimo.

Ovviamente non basterà per renderlo ancora popolare e quindi appetibile sul mercato.

Allora l'agenzia incaricata procederà all'acquisto di pacchetti di migliaia (per non dire decine di migliaia) di seguaci (più noti col termine di "follower) in modo da rendere sempre più visibile l'immagine del proprio cliente.

Sul piano strettamente editoriale, il protagonista del progetto comprerà in modo occulto diverse decine di migliaia di copie del libro scritto, affinché schizzi in alto nelle classifiche delle opere più vendute, facendo credere che effettivamente si tratta di un bestseller.

A quel punto, il personaggio è creato e si dovrà soltanto procedere ulteriormente investendo in diverse presentazioni del libro nelle librerie, nei salotti bene sparsi in varie località del Paese e ovviamente con apparizioni sempre più assidue sia nella stampa scritta che nelle trasmissioni radiotelevisive.

Fantasie quelle che ho scritto?!

Pensate bene a quanti personaggi oggi fanno clamore per qualche tempo e poi vengono improvvisamente relegati nell'anonimato.

Ragazzini che si ergono ad esperti di materie complesse che richiedono diversi lustri di studi, ricerche e approfondimenti, individui che sfruttano determinate situazioni esistenziali per ricavarne profitti basati unicamente sull'immagine, pseudoartisti che sfondano soltanto perché raccomandati dalle persone giuste al momento giusto e via discorrendo.

La nostra società è ormai invasa da simili soggetti del tutto effimeri e mediocri che vengono esaltati dal Mainstream, ma che non hanno assolutamente spessore né intellettuale, né artistico.

Tutta apparenza, fuffa e nient'altro! 

Detto questo appare evidente quanto scontato che chi ha veramente talento, riuscirà comunque a ripetersi e non avrà mai bisogno di ricorrere a simili squallidi sotterfugi.

E poco importa se non avrà successo subito perché il tempo è sempre galantuomo e prima o poi le sue indubbie qualità verranno a galla e riconosciute dai più.

E destinate a rimanere impresse nella memoria evolutiva del pensiero umano nei secoli.

Quelli che invece avranno speculato su un talento di fatto inesistente, rimarranno confinati nella memoria del tempo in cui sono stati effimeri protagonisti di una breve stagione di notorietà e le loro opere sì e no che potranno poi essere acquistate per pochi spiccioli in un qualsiasi mercatino dell'usato.

Uno scrittore, un artista, un uomo o una donna di talento vale per le idee e i pensieri che diffonde attraverso le sue opere (e non di altri) e non per ridursi alla bassezza di diventare egli stesso un prodotto da vendere sul mercato per poter affermare di essere qualcuno in questa vita.


Yvan Rettore








domenica 24 marzo 2024

URSULA VON DER LEYEN, I CINQUE ANNI CHE HANNO CAMBIATO L'EUROPA...IN PEGGIO

Appare del tutto incontestabile che il quinquennio del mandato di Ursula von der Leyen nella veste di Presidente della Commissione Europea verrà ricordato come un periodo che ha segnato profondamente l'Unione Europea.
Nessun predecessore era giunto a tanto, anche se è doveroso constatare che la maggior parte di essi hanno dimostrato di avere capacità e competenze sicuramente di spessore ben più elevato e significativo rispetto a lei.
Anzi, si può senz'altro ammettere che è stata la peggiore in assoluto nell'avere ricoperto tale incarico e questo per diversi motivi.
Innanzitutto, si è dimostrata estremamente superficiale e inidonea nella gestione della pandemia.
Conflitti di interesse evidenti, accordi sottobanco con ditte farmaceutiche nascosti sia a livello istituzionale che pubblico, fiumi di denaro sperperati in acquisti di sieri genici inefficaci quanto inutili, incapacità di realizzare un vero e proprio coordinamento tra i vari paesi europei sono soltanto alcuni elementi che fin dall'inizio hanno fatto capire quanto fosse inadatta questa persona ad affrontare tali questioni.
Spostandosi poi nel cosiddetto "Green Deal europeo", ha insistito nel sostenere misure draconiane per contrastare i cambiamenti climatici attraverso proposte di riduzione della CO2, imponendo indirettamente a tutti gli stati membri una linea di pensiero volta a scombussolare completamente l'industria automobilistica (con la produzione in massa di mezzi elettrici), ad infliggere limiti pesanti e ormai insostenibili al mondo dell'agricoltura e dell'allevamento promuovendo senza remore le produzioni di carne sintetica e la commercializzazione di alimenti a base di insetti per giungere all'ultima perla, ovvero quella di imporre costi notevoli alle famiglie nella trasformazione delle loro abitazioni in conformità con direttive europee volte a ridurre l'impatto ambientale delle stesse.
Ovviamente non si possono dimenticare le aspirazioni guerrafondaie di questa signora, dimostrate palesemente da una parte nei confronti della Russia nel conflitto che ha in corso contro l'Ucraina e dall'altra di Israele contro Hamas (ma in realtà contro tutta la nazione palestinese).
Le sanzioni imposte contro il gigante russo, soprattutto nel settore del rifornimento di gas all'Europa Occidentale, invece di indebolire il grande "Orso euroasiatico", lo hanno rinforzato ulteriormente riuscendo a fargli conquistare mercati ancora più consistenti in cui venderlo.
Diverse aziende occidentali operanti in vari settori si sono poi ritrovate con fatturati falcidiati e in grave crisi perché ormai impossibilitate ad operare in un mercato, quello russo, dai numeri davvero molto più importanti e promettenti rispetto a quanto rappresenta quello europeo ormai sempre più contratto.
Su Israele, non ha mai minimamente considerato le decine di migliaia di morti innocenti fra i palestinesi, esaltando invece a più non posso la politica belligerante sionista con la conseguenza di creare i presupposti di un possibile ritorno alla stagione delle stragi terroriste in Europa da parte di fanatici mediorientali.
Tornando alla questione ucraina, non passa mese che non vada a battere cassa fra gli Stati europei per chiedere soldi che vadano a sostenere il regime di Kiev, perché tale ormai si può definire, visto che non ha proprio nulla di democratico.
Mai un gesto volto a cercare una soluzione pacifica, mai un cenno ad aprire dei negoziati per mettere fine ad un conflitto in cui la Russia non potrà comunque mai venire sconfitta.
Infine, sulla questione dell'immigrazione, il suo quinquennio si è contraddistinto con un nulla di fatto, perché nessun coordinamento efficace e nessuna misura realmente umana e costruttiva sono stati adottati per gestire questo fenomeno nel migliore dei modi a livello continentale.
Basta questo e molto altro a dimostrare quanto sia stata una sciagura il ruolo ricoperto da questa signora in questo quinquennio.
Quest'ultimo finisce con un'Unione Europea in cui la qualità della vita è nettamente peggiorata, un sistema sanitario allo sfascio dovunque, una crisi economica e finanziaria che non accenna a diminuire, un ruolo dell'UE sempre più secondario e marginale nello scacchiere internazionale, l'inesistenza di un'Europa sociale unita.
L'unica prospettiva che rimane ancora saldamente aperta è quella di proseguire ulteriormente una politica ostile e guerrafondaia che rischia di portarla al tracollo l'insieme dei Paesi aderenti all'UE e di far apparire sempre più vincenti al loro interno partiti con ideologie che hanno già in passato portato alla rovina questo continente.
Certo, la rovinosa situazione che si è venuta a creare non è imputabile soltanto alla Signora von der Leyen, ai suoi limiti evidenti, alle sue notevoli incapacità e alla sua preoccupante carenza di buon senso e di intelligenza politica nel gestire i compiti a lei affidati.
Sicuramente i leader europei, da Macron a Scholz, passando per Meloni (che appare sempre più come un leader secondario in ambito internazionale) sono corresponsabili insieme ad altri attori meno visibili del mondo della finanza e dell'economia del disastro a cui stiamo assistendo.
Una mediocrità e una superficialità di simili entità non si erano finora mai registrate a tali livelli e ciò che fa più pensare e preoccupare sono la passività e l'allineamento di gran parte dei popoli europei, ormai anestetizzati da un mondo virtuale e drammaticamente vuoto di prospettive di pace e di serenità.
Concludo con un quesito: "Sarà l'ultimo mandato di Ursula von der Leyen?".
Difficile dirlo, ma siccome al peggio non c'è mai fine, anche se non dovesse proseguire nella sua opera distruttrice, ci potrà benissimo pensare un suo sostituto e purtroppo si fa sempre più strada il nome di Mario Draghi, il cui operato ha lasciato quasi sempre tracce distruttive e dolorose dovunque è passato, salvo per quei pochi eletti interessati a cui ha sempre dovuto rendere conto delle proprie azioni.
Vogliamo come europei, ma soprattutto come esseri umani continuare ad assistere a questo sfascio accontentandoci di votare rappresentanti da operetta e impotenti al Parlamento Europeo o riprendere in mano il nostro destino e cominciare a costruire e a proporre un'alternativa concreta a questo "Golem" burocratico che è l'Unione Europea?

Yvan Rettore


 

mercoledì 20 marzo 2024

LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA? NON È MAI STATA COSÌ POTENTE

 

Il 21 marzo di ogni anno è la “Giornata nazionale della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime delle mafie”.

È sicuramente una commemorazione doverosa quanto importante per ricordare chi ha sacrificato la propria vita per la difesa della legalità in questo Paese.

Ma come spesso accade in Italia, al di là dei tanti ed immancabili bei discorsi di circostanza e parate istituzionali, passa in sordina il fatto più significativo che vede le mafie ben lungi dall’essere state sconfitte.

Peggio ancora, perché si tratta di un fenomeno criminale ormai diffuso in varie forme su tutto il pianeta e dotato di poteri, mezzi ed influenze che nessun gruppo di pressione al mondo è in grado di disporre, né ha mai avuto e/o potrà mai avere.

La forza del crimine organizzato è tale da essere presente ormai in ogni settore della società in modo determinante quanto capillare: dall’economia alla finanza, passando per la politica che ormai ne è un’indiscutibile vassalla, questa entità criminale risulta ormai invincibile quanto intoccabile.

Non esistono allo stato attuale istituzioni, aziende produttive, potentati bancari che possano ragionevolmente scampare alla sua impressionante penetrazione che non accenna affatto a diminuire, anzi.

Le ragioni di tale diffusione sono diverse, ma ce n’è una che appare assolutamente imprescindibile e che è alla base stessa della permanenza sempre più asfissiante di questo vero e proprio cancro sociale e culturale nel nostro mondo.

Le società di stampo capitalista e le democrazie puramente formali (ma anche regimi totalitari come quello cinese) che ne sono al suo incondizionato servizio si fondano su un dogma che non è minimamente consentito contestare: il profitto.

In nome della ricerca del profitto tutto è concesso, tutto è scusabile e tutto è adattabile.

È una realtà non riconosciuta ufficialmente ma che di fatto appare evidente.

La creazione e diffusione notevole di paradisi fiscali (accanto a quelli storici come le “casseforti” per eccellenza del mondo capitalista quali erano e sono ancora la Svizzera, il Lussemburgo, Monaco o il Liechtenstein) in questi ultimi anni, la lotta puramente di facciata al contante (perché è sulla circolazione materiale del denaro che si può evadere meglio il fisco, finanziare la corruzione e sostenere manovre illegali di investimento quanto di devastazione ambientale e sociale), le sanzioni blande quanto del tutto inefficaci contro i reati commessi dai colletti bianchi sono soltanto alcuni aspetti dimostrativi incontestabili di quanto le organizzazioni criminali possano ormai agire indisturbate dovunque.

E chi si mette di traverso al loro dominio viene spazzato via in tanti modi, alcuni molto sbrigativi caratterizzati da azioni di inaudita violenza, ma la maggior parte si manifestano sempre più attraverso azioni di ricatto, estorsioni e manovre pilotate di distruzione dell’immagine e reputazione pubblica.

Chi non è corruttibile, ricattabile e/o manipolabile in toto dalla criminalità organizzata non può manco pensare di riuscire ad accedere ai piani alti del mondo che conta.

Non a caso, i magistrati che lottano ancora contro quel fenomeno sono rimasti i classici quattro gatti e permangono drammaticamente isolati nelle loro azioni.

E non a caso, ci ritroviamo con una classe politica formata in gran parte da individui impresentabili, di una mediocrità assoluta e di scarso (per non dire nessuno) spessore intellettuale, privi come sono di una cultura di rilievo e di una formazione di livello elevato, in grado di attestare un’indiscutibile serietà e competenza.

Tutto fa brodo per permettere a queste organizzazioni di continuare a fare business in tutti i modi possibili e poco importa che siano leciti o meno.

È il profitto che conta e questo mette tutti d’accordo, siano essi membri di quelle entità sia che ne siano manifestamente esterni perché in nome di questo dogma non ci sono santi che tengano e la morale (qualunque essa sia) può andare benissimo a farsi friggere.

I diritti individuali, sociali e ambientali possono quindi benissimo essere calpestati, sono sacrificabili e possono quindi tranquillamente rimanere relegati nei faldoni delle migliaia di leggi in vigore.

Al massimo possono venire citati di tanto in tanto ed essenzialmente per meri scopi propagandistici, come è solito fare da tempo l’Occidente che è un indiscutibile maestro in quest’arte di demonizzazione di coloro che vanno contro gli interessi delle lobby che lo tengono saldamente in pugno.

Ma di fronte alle organizzazioni criminali che non si fanno nessun scrupolo nel ricorrere alle più variegate forme di violenza e dispongono di mezzi di pressione infiniti, anche queste lobby devono adeguarsi ad accettare il loro incontrastato dominio sia a livello locale che mondiale.

Sì, perché le organizzazioni criminali non hanno frontiere, non hanno colori politici, non si sposano mai con nessuno e fanno accordi con chiunque a loro convenga.

È davvero il potere globalizzato per eccellenza ed è quello che ha reso le nostre società incivili, succubi di un individualismo suicidario, dominate da relazioni fondate soltanto sull’interesse, dove la paura impera ormai dovunque e in assenza di principi e valori in grado di considerarle ancora umane.

Oggi, alcuni intellettuali si sono azzardati a dichiarare che vi è una crisi crescente di democrazia e rappresentatività in tutto il mondo occidentale.

Sicuramente è una constatazione che ha un fondo di verità, ma per sconfiggere veramente la criminalità organizzata vi è soltanto una via ed è quella di superare la logica perversa della ricerca del profitto ad oltranza e di cessare di considerare quest’ultimo come un dogma intoccabile.

Soltanto in questo modo si potrà cominciare a porre le fondamenta di una società autenticamente solidale ed inclusiva i cui membri si troveranno ad interagire principalmente per la difesa del bene comune e ad emanciparsi sia individualmente che socialmente nella condivisione e nel sostegno reciproco evitando così di rimanere confinati alla volontà deleteria e distruttiva di costruirsi un orticello blindato in cui vivere, o meglio consumare la vita.

In parole povere, nelle comunità in cui il dogma del profitto non riesce ad attecchire, fenomeni criminali come la mafia e altri di natura analoga non possono trovare spazio e crescere, perché è la natura stessa di tali entità ad impedirne la nascita e la diffusione.

 

Yvan Rettore




mercoledì 6 marzo 2024

8 MARZO: L'ENNESIMA RICORRENZA CHE TRALASCIA LE DONNE "INVISIBILI"

 Anche quest'anno ricorrerà per l'ennesima volta la Festa della Donna, una giornata in cui dovrebbe essere considerato maggiormente il valore delle donne che ancora troppo spesso vengono discriminate, usate e abusate nelle nostre società contemporanee.

Ciò che purtroppo constato in questo tipo di eventi è che perfino nella loro realizzazione queste dinamiche vengono perpetrate senza alcun ritegno dagli organizzatori e conduttori.

Si realizzano convegni, incontri pubblici e altre manifestazioni in cui viene data la parola esclusivamente a donne di successo, personalità importanti che hanno incarichi di rilievo e spesso di bella presenza.

Il messaggio che si intende dare quindi esula dal significato stesso di questa giornata perché fondato invece sul perseguimento del successo come unico simbolo di affermazione sociale degno di questo nome.

Come a voler dimostrare che le donne di successo sono sempre senza macchia e da prendere ad esempio per riuscire ad emergere dall'anonimato e migliorare la propria condizione.

Ovviamente essere una persona di successo non sta affatto a significare tutto questo, perché come esseri umani sono individui comunque con difetti e debolezze che però non appaiono pubblicamente perché nelle sedi in cui si espongono tali imperfezioni non appaiono.

Personalmente sono davvero stanco di queste kermesse in cui sfilano personaggi che devono essere considerati modelli da seguire.

E questo va ben oltre quelle che avvengono puntualmente in occasione della Festa della Donna.

Penso che sarebbe bello invece realizzare eventi che riescano ad andare in un senso diametralmente opposto in cui possano venire esaltate le figure di donne comuni, quei milioni di "donne invisibili" che attraverso i loro sacrifici e opere quotidiane per la famiglia e il bene comune, si adoperano senza sosta e con orari giornalieri che tra casa e lavoro vanno ben oltre le otto ore canoniche previste di solito a livello professionale.

Vorrei sentire le voci di donne non appariscenti, di donne costrette a tirare su la loro prole in perfetta solitudine, di donne disabili che a causa della loro condizione si ritrovano ad essere ancora più discriminate, di donne che hanno tanti sogni ma che ogni giorno della loro esistenza riescono a diffondere un amore e un'abnegazione che le rendono davvero degli esseri umani meravigliosi, di ragazze che stanno per diventare donne con tutte le loro aspirazioni e progetti di vita, di nonne e donne anziane che spesso soffrono in silenzio per l'isolamento forzato in cui sono state relegate dai loro stessi famigliari.

Donne comuni, estranee al mondo dei VIP, donne non di successo, ma di fatica, semplicemente Donne con la D, quegli esseri umani in grado di dare la vita e di renderla ancora più bella grazie alla loro straordinaria presenza.

Ecco, è questo e tanto altro che vorrei venisse davvero messo in mostra durante i tanti eventi che si fanno ogni anno nel corso di questa giornata, contenuti veri e genuini e non sfilate di persone di successo e altolocate destinate soltanto ad alimentare effimeri momenti di autoreferenzialità e nient'altro.


Yvan Rettore




mercoledì 7 febbraio 2024

CHI O COSA DETERMINA CIÒ CHE È GIUSTO? LA LIBERTÀ HA SENSO SOLTANTO QUANDO ACQUISISCE UNA DIMENSIONE SOCIALE

 

Chi o cosa determina ciò che è giusto?

Sono i totalitarismi che impongono concetti arbitrari di ciò che è giusto e sbagliato, ledendo la libertà degli individui e creando una società di oppressi.

Invece, la libertà inserita in un contesto comunitario fatto di doveri e diritti (accettati come pilastri di una società civile da tutti i suoi membri) significa agire in modo tale da non violare questi ultimi né su un piano individuale, né su un piano collettivo, onde non causare danni né all'uno, né all'altro.

È in una simile dimensione duale che si definisce di volta in volta ciò che è giusto e ciò che è sbagliato fare e quindi la libertà di fare ciò che si vuole in quel contesto.

È esattamente quanto avveniva nelle società dei nativi in assenza di uno Stato ma in presenza di regole e comportamenti da adottare sia per il bene del gruppo che per il proprio.

Un altro esempio analogo più recente è quello rappresentato dalle società curde in cui si è affermato il concetto di un centralismo democratico che ha consentito in ambiti fortemente comunitari di garantire pure un'emancipazione femminile sorprendente (estranea a non poche società mediorientali) e la conservazione di un'identità che altrimenti sarebbe stata annientata dai rispettivi regimi in cui questa etnia si trova sparsa.

Queste esperienze umane sono esattamente agli antipodi di quanto avviene in Occidente in cui appunto la libertà viene definita, espressa e garantita unicamente a livello individuale, in particolare quando viene circoscritta al raggiungimento di un profitto che rimane un concetto del tutto intoccabile e sacro (e per la cui realizzazione è tranquillamente consentito nei fatti trascendere qualsiasi valore umano), mentre su un piano collettivo si riassume in un conformismo che appiattisce ogni forma di pensiero e di intelletto, elementi che dovrebbero costituire il sale di qualsiasi evoluzione di società umana.

Quindi il problema non è la libertà in sé, ma in virtù di come viene concepita e applicata.

E quando si ritrova ad esserlo senza limiti e rivolta soltanto all'ottenimento di un mero tornaconto personale allora ha un effetto distruttivo per l'insieme della società perché appare del tutto svincolata dalla sua dimensione sociale che a quel punto non viene manco considerata, al punto da rendere materiali i rapporti tra ogni singolo soggetto.

 

Yvan Rettore