lunedì 29 aprile 2024

SCURATI E VANNACCI: DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA

Mentre il generale Roberto Vannacci fa ancora parlare di sé per le esternazioni (si vede che non riesce proprio a farne meno) periodiche che pronuncia in qualità di candidato della Lega alle prossime elezioni europee, la presenza dello scrittore Antonio Scurati nella stampa nostrana appare ormai già come un ricordo piuttosto sbiadito.

Tutto sembrerebbe dividere questi due personaggi.

Il primo, chiaramente di un'estrema Destra rivisitata e in continuo "restyling".

Il secondo, di una Sinistra radical chic, manco lontanamente parente di quelle che segnò le grandi conquiste sociali e civili del nostro Paese in un passato non troppo lontano, ma che ormai sempre meno ricordano.

Fino ad un anno fa, manco si sapeva chi fossero questi due individui apparsi improvvisamente alla ribalta della cronaca.

La tecnica per sfondare a livello di marketing però è praticamente analoga in entrambi i casi.

Vannacci, come uomo di Destra, ha avuto buon gioco nel sfruttare abilmente i temi dell'insicurezza e del concetto di etnia esclusiva per farsi strada attraverso la pubblicazione di un libro certamente discutibile ma nei cui contenuti si rispecchiano (purtroppo) diversi cittadini del nostro Paese.

Lo sfruttamento del tema della "paura" funziona sempre perché non fa leva sul raziocinio delle persone, ma piuttosto sugli aspetti emotivi che hanno sistematicamente il sopravvento nel fenomeno di incanalamento del pensiero delle masse verso una determinata direzione politica.

In questo, l'estrema Destra è sempre stata una maestra indiscussa e Vannacci ne è la perfetta incarnazione.

In quest'ottica l'uomo nero, il musulmano, il disabile...in parole povere chiunque non appartenga al corpo esclusivo delimitato da questo schieramento politico risulta comunque un pericolo per l'esistenza stessa della società.

E i fautori di tutto ciò riescono perfino ad affermare che la democrazia potrebbe essere a rischio.

Scutari, come esponente di una Sinistra di stampo borghese (che ha ben poco da spartire con la Sinistra in quanto tale) si è fatto promotore (forse inconsapevole) del solito ricorso all'antifascismo, scrivendo un monologo che non ha nulla di trascendentale ma col chiaro intento di volerlo indirizzare all'attuale esecutivo in cui vi sono non pochi individui che hanno pronunciato anche in un recente passato parole di encomio (per non dire di manifesta ammirazione) nei confronti del Ventennio ed in particolare della figura del Duce.

Anche in questo caso, questo signore ha giocato sulla diffusione di una paura presunta, ovvero quella di un possibile ritorno di una qualche forma di autoritarismo simile a quella imposta dal regime fascista.

Al di là di questo aspetto, le due strategie hanno funzionato benissimo nel lanciare pubblicamente la figura di entrambi questi personaggi.

Questo è un dato di fatto, non certo un'accusa.

Ognuno è libero di fare ciò che vuole e quindi anche di ricorrere a queste strategie tipiche del mondo del marketing ma che ben poco hanno a che fare con i contenuti di cui dovrebbe alimentarsi una sana e costruttiva dialettica politica.

Il fanatismo che ne scaturisce e che produce ulteriori divisioni nel Paese serve soltanto in chiave elettorale per consentire all'uno o l'altro schieramento di ottenere il maggior numero di voti possibile.

Ma sul piano dei contenuti, si rimane praticamente confinati al nulla cosmico, perché non vengono fornite risposte esaurienti, quanto intellettualmente valide e costruttive per attuare un'inversione di rotta che possa permettere a questo modello di società di operare un salto di qualità tale da superare in modo decisivo la stagnazione e il decadimento finora inarrestabili del nostro Paese in praticamente ogni settore.

Da un militare, abituato alla vita di caserma e a vedere il mondo in compartimenti stagni, non ci si poteva aspettare ragionevolmente niente di diverso di ciò che è riuscito ad esprimere finora.

Da uno scrittore, invece, si poteva quantomeno sperare in un risultato di spessore ben maggiore rispetto a quello che platealmente ne è venuto fuori.

Detto questo, le uscite di questi due personaggi dimostrano purtroppo soltanto una cosa, ovvero che gli intellettuali in questo Paese stanno diventando sempre più delle mosche bianche e che ormai tutto viene esternato sulla base di slogan sterili e ripetitivi destinati ad alimentare le solite paure alle quali la maggior parte della gente rimane purtroppo incollata in modo del tutto viscerale.


Yvan Rettore







 


sabato 27 aprile 2024

LA DEMOCRAZIA ITALIANA E' ORMAI UNA FARSA

Ormai si può veramente dire che le elezioni nel nostro Paese sono sempre di più una farsa in quanto non sono più autenticamente rappresentative della volontà popolare.

Ci si è dimenticati che una democrazia non si fonda affatto sulla semplice vittoria di uno schieramento nei confronti di altri, ma bensì sul raggiungimento di un consenso effettivo da parte dei cittadini chiamati al voto.

Orbene, è proprio questo pilastro fondamentale sul quale dovrebbe reggersi qualsiasi paese democratico a mancare sempre di più in modo ormai cronico ed in particolare nelle tornate elettorali locali e regionali.

Siamo giunti al punto in cui gran parte della gente comune diserta in modo massiccio le urne e se il fenomeno appare per il momento più marcato al Sud, anche nel resto d'Italia sta aumentando in modo costante.

Prendiamo le ultime due elezioni regionali che si sono svolte in Abruzzo e Basilicata.

Titoloni in pompa magna su tutte le testate Mainstream ad inneggiare il trionfo del Centrodestra, come a voler affermare un incremento di popolarità dell'attuale Governo Meloni.

Ma i fatti rivelano delle verità ben diverse.

Cominciamo dall'Abruzzo. 

Secondo i dati del Viminale (e non quelli di Paperopoli), i cittadini chiamati al voto erano 1.208.207.

A presentarsi alle urne sono stati poco più della metà di essi, ovvero 630.605 (pari al 52,19% del totale).

Da quest'ultima cifra, bisogna poi sottrarre 18.197 tra schede nulle, bianche e contestate.

Il che ci porta ad un totale di 612.408 voti validi.

La coalizione vincente di Centrodestra si è imposta con 327.660 voti, pari al 53,5% dei votanti e non degli aventi diritti al voto!

Si potrebbe quindi dire una vittoria schiacciante.

Certo, ma se si va a vedere il consenso reale di tale coalizione sull'insieme del corpo elettorale, ovvero di 1.208.207 cittadini, questi scende vertiginosamente per arrivare ad un misero 27,12%!

In parole povere, poco più di un abruzzese su quattro si riconosce nella coalizione vincente.

Altro che trionfo!

Prendendo i dati (sempre secondo il Ministero dell'Interno) relativi alle elezioni regionali in Basilicata, la situazione non soltanto si conferma, ma risulta perfino peggiore.

Laggiù i cittadini chiamati al voto erano 567.939.

A presentarsi alle urne sono stati poco meno della metà di essi, ovvero 282.886 (pari al 49,81% del totale).

Da quest'ultima cifra, bisogna poi sottrarre 12.550 tra schede nulle, bianche e contestate.

Il che ci porta ad un totale di 270.336 voti validi.

La coalizione vincente di Centrodestra si è imposta con 153.088 voti, pari al 56,63% dei votanti e non degli aventi diritti al voto!

Anche in questo caso si potrebbe affermare che si è trattata di una vittoria schiacciante.

Ma non è affatto così, perché il consenso reale di questa coalizione sull'insieme del corpo elettorale, ovvero di 567.939 cittadini, questi giunge soltanto ad un risicato 26,95%!

Questo tipo di operazioni può benissimo essere replicato in tutte le tornate regionali precedenti ed in ognuna di esse si potrà constatare una tendenza simile a confermare che il calo di consensi nei confronti della classe dirigente di questo Paese è ormai un dato di fatto inequivocabile e costante.

Ovviamente, quest'ultima si guarda bene da diffondere questa evidenza perché in realtà l'astensionismo crescente consente soprattutto ai partiti più forti e tradizionali di mantenersi nei posti chiave del potere politico ed istituzionale.

Ma la gente comune non accenna a ridurre sempre di più la fiducia che era riposta in essa.

Questa situazione è dannosa per la tenuta di una democrazia perché sancisce la permanenza di un'oligarchia nelle stanze del potere, la quale finisce quindi sempre col dare priorità agli interessi di pochi privilegiati anziché a quelli dell'insieme della collettività.

Sarebbe quindi deontologicamente corretto che questa informazione completa relativa alle elezioni venisse sistematicamente diffusa da tutta la stampa e che quella parte di corpo elettorale che non si riconosce più nella mediocrità ed inattendibilità della classe dirigente attuale potesse trovare una qualsiasi forma di rappresentanza.

Quest'ultima potrebbe attuarsi mediante l'introduzione di sistemi di controllo e di sanzioni diversi e ben più efficaci rispetto a quelli attuali nei confronti degli eletti da parte del popolo che dovrebbe continuare ad essere il detentore esclusivo della sovranità nel nostro Paese (come sancito dall'art. 1 della Costituzione Italiana).

Di fatto passare da una democrazia formale ad una democrazia autenticamente partecipativa e quindi compiuta.

Anche perché in fondo, siamo noi cittadini comuni a mantenere la classe dirigente e non il contrario.

E quindi perché dovremmo continuare ad accettare una situazione del genere?!


Yvan Rettore




giovedì 25 aprile 2024

GLI ANTIFASCISTI DEL 25 APRILE

 

Non basta dichiararsi antifascista cantando "Bella Ciao" e con una bandierina in piazza il 25 aprile di ogni anno.
Se lo si è davvero bisogna rivendicare ogni giorno dell'anno di essere contro qualsiasi forma di totalitarismo (e non soltanto contro il fascismo).
E soprattutto è necessario dimostrarlo con fatti concreti, al di là dei soliti proclami al vento.
E in ogni situazione.
E' infatti emblematico vedere quanti oggi si stanno esibendo nelle varie piazze d'Italia contro il fascismo mentre erano rimasti ciechi, sordi e muti di fronte alle nefandezze del governo Draghi (sostenuto da FI, Lega, M5S e PD) che perseguitò ingiustamente milioni di Italiani per il solo fatto di avere rivendicato un diritto sancito chiaramente dalla Costituzione e dalle varie convenzioni e trattati internazionali sottoscritti dall'Italia.
Cosa sono questi?
Antifascisti a ore?!

Yvan Rettore



mercoledì 17 aprile 2024

IL CENTRO CULTURALE CARMELO BENE DI VEGLIE FESTEGGIA IL SUO PRIMO ANNO DI VITA

 

Il 22 aprile 2023 prendeva il via in un locale del Salento, e più precisamente nella cittadina di Veglie, un esperimento culturale innovativo, dal titolo "Centro Culturale Carmelo Bene".

Il nome del Centro non fu scelto a caso. 

Si volle rendere omaggio ad uno dei massimi esponenti della cultura salentina (ma anche italiana) del Novecento. 

In secondo luogo perché i promotori e fondatori del Centro si riconoscevano (e si riconoscono tuttora) interamente nell'atteggiamento ribelle e di strenuo difensore del libero pensiero ed arbitrio che avevano sempre contraddistinto Carmelo Bene lungo tutta la sua esistenza.

L'originalità di quel Centro però non risiedeva e non risiede soltanto in questi aspetti ma nella volontà dei suoi fondatori di impegnarsi senza tregua nel consentire un accesso del tutto gratuito alla cultura e alla formazione, settori che purtroppo oggi vengono sempre più mercificati e monetizzati e quindi rivolti unicamente a coloro che se li possono effettivamente permettere. 

Fior di artisti in erba, persone creative o comunque desiderose di esprimere il loro talento, le loro capacità e qualità si trovano oggi sempre più spesso relegate in un perfetto anonimato e costrette a rinunciare alle loro passioni ed aspirazioni. 

La cultura per essere autenticamente tale dev'essere necessariamente inclusiva e volta a far evolvere il pensiero umano in ogni sua sfaccettatura.

Nella nostra società così non è e gli autori di questa iniziativa sono pienamente consapevoli di rappresentare una vera e propria anomalia non soltanto nel Salento, ma anche nel resto d'Italia. 

E ad accentuare ancor di più questo aspetto permane il fatto che il Centro non risulta essere un'associazione e che non vi sono tessere di adesione da pagare in conformità a tre principi cardine: 

- la gratuità di quanto viene proposto, ideato, creato ed offerto 

- non figurano capi, direttori, gruppi o entità dirigenti in quanto il Centro viene completamente autogestito da chi ci viene 

- chiunque voglia fare è sempre ben accolto nel Centro, perché l'inclusività deve essere uno dei pilastri fondamentali di qualsiasi azione evolutiva del pensiero umano.

Detto questo e nonostante numerosi ostacoli, il Centro Culturale Carmelo Bene nel suo primo anno di vita è riuscito a realizzare quanto segue: 

- un evento inaugurativo del Centro 

- una cena comunitaria gratuita rivolta alla cittadinanza 

- una conferenza pubblica sul tema della situazione della disabilità nel Salento 

- tre mostre pittoriche 

- due presentazioni di opere letterarie 

- due spettacoli musicali 

- una presentazione pubblica aziendale 

- una giornata di trucco per bimbi a Halloween e una a Carnevale, entrambe realizzate col contributo dei Fratelli Magrì di Mesagne 

- un museo sugli effetti speciali del Cinema dei Fratelli Magrì di Mesagne 

- una cerimonia di consegna delle targhette "Impegno d'oro" a diverse personalità (fra cui un ex sindaco e un consigliere comunale) che hanno contribuito a valorizzare Veglie attraverso il loro impegno che in questo modo è stato riconosciuto in modo esplicito 

- un corso di balli di gruppo 

- un corso di lingua inglese 

- un corso pittura rivolto a piccoli e grandi 

- giochi di società svolti settimanalmente 

- percorsi sensoriali 

- momenti ricreativi rivolti a persone con disabilità. 

E tutto questo è stato concretizzato in modo rigorosamente gratuito e senza mai avere chiesto un centesimo manco alle istituzioni. 

Questo primo anno si chiude con la soddisfazione di avere realizzato molto di più di quanto fosse inizialmente auspicabile e con la consapevolezza che tanto potrà essere ancora offerto sia alla comunità vegliese che a quelle limitrofe, con i protagonisti di tale struttura decisi a rimanere saldamente fedeli a quella cultura del dono che da sempre è stata e sempre sarà il pilastro del progetto. 

Chiunque voglia esserne parte attiva sarà sempre accolto a braccia aperte e una grande riconoscenza dev'essere rivolta in particolare a tutti coloro che con la loro partecipazione ed il loro sostegno hanno permesso di realizzare questo piccolo miracolo.

Per una società migliore, per un mondo più umano, per cominciare a vivere la pace nell'incontro disinteressato con l'altro.

Prof. Yvan Rettore 

Portavoce del Centro Culturale Carmelo Bene di Veglie



venerdì 5 aprile 2024

ARCHIVIAZIONE DELL’ULTIMO PROCEDIMENTO A CARICO DI SPERANZA: LA SCONFITTA DELLA COMPETENZA

 

Il 4 aprile scorso è stato archiviato l’ultimo procedimento a carico dell’ex ministro della Salute, Roberto Speranza.

Confesso di non essere stato stupito da tale esito perché da tempo non nutro più nessuna fiducia negli organi giudiziari nostrani, specie quando devono agire nei confronti di un politico.

Ormai, in questi ultimi anni è più unico che raro che esponenti istituzionali vengano effettivamente condannati e anche quando ciò accade (è più facile che geli all’Equatore prima che ciò avvenga) le pene sono talmente lievi da non rivestire praticamente nessun aspetto veramente sanzionatorio.

Non a caso, i pochissimi personaggi condannati si sono spesso rifatti una verginità istituzionale tale poi da tornare a galla e rivestire nuovi incarichi o protagonismi nella vita politica italiana e a volte perfino europea.

Nel caso di Speranza, al di là di qualsiasi considerazione sulle motivazioni del Tribunale dei Ministri, c’è da ricordare un aspetto fondamentale che contraddistingue la nomina dei ministri della Salute in questo ultimo decennio e che non è stato minimamente tenuto conto dai magistrati.

Il termine “Competenza” dev’essere ormai ritenuto un’anomalia da parte della classe dirigente nostrana nella scelta dei ministri.

E per quanto riguarda il dicastero della Salute, sarebbe stato doveroso nominare un ministro che avesse dimostrato di avere effettivamente una cognizione di causa della materia che era chiamato ad affrontare, ovvero la Scienza medica.

È davvero scandaloso quanto inaccettabile in una società che si pretende civile e di livello avanzato come la nostra, che un laureato in Scienze Politiche sia stato chiamato a dirigere per ben due volte un dicastero di tale importanza per il bene della collettività.

Ed è quindi perfettamente inutile quanto assurdo non soltanto che poi un ex ministro rivendichi di avere agito in modo irreprensibile nella conduzione di tale missione, quando non aveva assolutamente alcuna capacità né conoscenza per affrontare temi relativi alla sanità pubblica.

E a maggior ragione quando si è trattato di dover prendere delle decisioni cruciali per affrontare la pandemia del Covid.

Ritenere Speranza del tutto estraneo alla gestione quantomeno discutibile di tale fenomeno e delle conseguenze disastrose che si sono materializzate successivamente sullo stato delle prestazioni erogate dal SSN, significa di fatto legittimare l’incompetenza ai massimi vertici istituzionali di questo Paese.

Quindi a prescindere dalle decisioni della magistratura i risultati dell’impreparazione lampante del ministero della Salute da parte di tale soggetto rimangono comunque evidenti e non sarà certo una sentenza di archiviazione a poter modificare la realtà dei fatti.

In un Paese normale, ma soprattutto civile, si sarebbe provveduto a nominare a tale incarico un luminare autorevole della Scienza medica e non certo un laureato in Scienze Politiche!

Purtroppo, questa è l’Italia di oggi in cui la politica è ormai talmente autoreferenziale da avere smarrito del tutto il buon senso e una componente non indifferente della magistratura sta percorrendo le stesse orme dimostrando di non esserne più un contraltare efficace.

 

Yvan Rettore