domenica 21 gennaio 2024

IL TOTALITARISMO DEMOCRATICO: UNA DITTATURA SUBDOLA, QUASI INVISIBILE AI PIÙ

 

 

Da quando esistono le società umane varie forme di totalitarismo si sono avvicendate nel corso dei secoli: da quello tribale a quello teocratico, da quello comunitario a quello aristocratico, da quello comunista a quello fascista, da quello militare a quello finanziario e via discorrendo.

Come a voler dimostrare che l’uomo preferisce generalmente essere succube di uno o più poteri piuttosto che essere protagonista fino in fondo della propria esistenza facendo sentire la sua voce di dissenso nei confronti della massa.

Per farlo bisogna però avere la piena consapevolezza che si deve passare da una situazione passiva ad una situazione attiva che implica importanti prese di responsabilità sociali e individuali che non possono più limitarsi alla sola sfera personale e famigliare.

Ciò richiede coraggio e un forte spirito di abnegazione in quanto bisogna essere pronti ad accettare come conseguenza un inevitabile quanto progressivo isolamento sociale perché la maggior parte degli esseri umani preferisce di gran lunga vivere in uno stato di schiavitù e accettare quindi di sottomettersi ogni volta al tiranno di turno.

Le società umane hanno sperimentato quindi diversi tipi di totalitarismo più o meno visibili ed estremamente incisivi e presenti in modo spesso soffocante nell’esistenza di ogni singolo individuo considerato come un oggetto animato da controllare e manipolare a piacimento da parte di un ristretto gruppo dirigente di persone, le quali sfruttando questa debolezza congenita di gran parte dell’umanità, si ritrovano in posizioni di potere che consentono loro non soltanto di godere di notevoli privilegi ma anche di decidere della vita e della morte di milioni di uomini e donne.

Da diversi anni ormai, specie in Occidente si è vissuta (e si continua a vivere) la stagione di un vero e proprio totalitarismo democratico.

Sembra un paradosso definire così i nostri sistemi politici, ma in realtà si tratta di una definizione che invece calza loro proprio a pennello.

Ingenuamente, la maggioranza della gente crede che il diritto di voto e la libertà di espressione siano garanzie della tenuta democratica di un Paese.

Purtroppo non è affatto così perché (a prescindere dal fatto che si vota anche in paesi retti da dittature assolute come la Cina - esempio lampante di totalitarismo comunista - o l’Iran - fra gli esempi più significativi di totalitarismo teocratico), se è vero che ai nostri lidi si può votare apparentemente senza limiti e avendo a disposizione una presunta scelta fra diversi schieramenti e partiti, in realtà sono tutte sigle che parlano uno stesso linguaggio, che non propongono mai alcuna alternativa al modello di società fallimentare in cui viviamo e che accettano passivamente di sottomettersi alle stesse logiche di potere che influenzano la politica e l’economia mondiale.

Lo fanno per convenienza perché ormai la politica, specie in Occidente, è del tutto svincolata dalle drammatiche situazioni di povertà, insicurezza sociale e incertezze in cui versa una componente sempre più crescente di cittadini.

I partiti sono diventati veri e propri comitati d’affari, autoreferenziali e desiderosi unicamente di poter far vivere a coloro che li dirigono posizioni di potere sicuramente effimere e passeggere ma colme di privilegi e opportunità per affermarsi socialmente anche (e soprattutto) senza averne alcun merito.

Ragion per cui non governano, ma si accontentano soltanto di gestire momentaneamente un potere per conto di una minoranza di entità che fanno il bello e il cattivo tempo nel nostro Paese fin dai tempi dell’Unità e che ora si ritrovano ad avere basi ancora più solide grazie alla globalizzazione.

Quindi non è un caso che oggi i parlamenti legiferano in modo accessorio mentre gli esecutivi lo fanno a titolo principale, se non esclusivo, emanando decreti-legge a manetta.

Alcuni potranno contestare questa evidenza affidandosi alla pseudo novità di quelli che la stampa ha definito “partiti antisistema”.

Quando però li vai ad analizzare ti rendi conto che non sono poi così diversi dai partiti tradizionali che dicono di combattere.

Sono in gran parte partiti personalisti costruiti intorno alla figura di un leader carismatico e dei classici “quattro amici al bar”, con un gruppo dirigente costituito da autonominati e da personaggi transfughi di altre formazioni politiche e concentrati soltanto su alcuni temi attraverso i quali cercano di trovare disperatamente una matrice identitaria che li distingua dal resto della classe politica.

Ci sono quelli focalizzati su tematiche contro l’UE, altri su quelle inerenti ai vaccini, altre sui cambiamenti climatici e così via discorrendo.

Sembra quasi di assistere a dei consumatori politici che si sono recati ad un supermercato e hanno scelto fra gli scaffali quali temi potevano essere più congeniali al loro gruppo al fine di potersi creare un’identità tale da riuscire ad emergere politicamente nel Paese.

Sono strutture di carattere verticistico, la dialettica con la base vi è scarsa se non del tutto assente e le regole e iniziative decise dall’alto devono essere seguite da tutti i soggetti attivi del partito senza batter ciglio.

Se osi pronunciare una voce di dissenso, vieni immediatamente colpevolizzato e costretto a piegarti, salvo essere poi isolato e alla fine a dover lasciare il partito.

Non c’è uno straccio di riferimento in questi partiti alla costruzione di un’alternativa radicale alla società attuale, non esiste un immaginario di gruppo condivisibile che possa ridefinire il concetto del lavoro come attività tesa ad emancipare l’uomo e di un processo produttivo e finanziario effettivamente sostenibile sia a livello sociale che ambientale…soltanto slogan e punti programmatici buttati qua e là un tanto al chilo.

Ma l’elemento peggiore che caratterizza tutti i partiti risiede, come già accennato prima, nel non avere più alcun nesso diretto con la società civile e di vivere in una nebulosa staccata dalle vere problematiche umane, proprio perché si comportano come entità di consumo di “prodotti” politici anziché come espressioni dei disagi e drammi crescenti che ogni giorno si fanno sempre più spazio ai nostri lidi e che rimangono in gran parte ignorati sia dalla stampa che da una classe dirigente interessata essenzialmente a ciò che può consentirle di mantenersi in essere e di entrare prima o poi alla tavola imbandita dei privilegi presenti a iosa in caso di accesso ad una posizione di potere politico.

Il totalitarismo democratico si è imposto così in modo dominante perché la politica viene vissuta da coloro che se ne fanno interpreti esattamente come un’attività caratterizzante quella di consumatori che di volta in volta scelgono ciò che a loro più conviene nel “supermercato” dei temi sociali, politici, culturali, ambientali ed economici sia per rinforzarsi come gruppo dirigente all’interno delle loro rispettive compagini politiche sia per riuscire ad arrivare all’ambita poltrona di eletto o nominato in una qualsiasi istituzione.

Il superamento del totalitarismo democratico potrà attuarsi soltanto nell’unione di tutte le entità e persone che lottano ancora strenuamente per la difesa dei diritti sociali, umani e ambientali nelle varie zone dei nostri Paesi, spesso in modo isolato e con pochi mezzi finanziari, ma con una volontà indomita di non arrendersi perché certi di essere nel giusto e di operare per il bene di tutti e non soltanto di un ristretto gruppo di persone privilegiate prive di scrupoli che hanno a cuore soltanto il soddisfacimento delle esigenze derivanti dalla loro squallida megalomania e altezzosità del tutto ingiustificate.

 

Yvan Rettore




 

 

 

domenica 7 gennaio 2024

CONTRADDIZIONI DI UN CITTADINO ITALIANO MODELLO

 

Il cittadino italiano modello è quello che segue fedelmente l’Agenda 2030 dell'ONU sul clima, che crede ciecamente a qualsiasi comunicato dell’OMS, che si informa esclusivamente sulla stampa Mainstream e che si conforma a qualsiasi cosa viene imposta dall’alto.

Incapace di pensare con la propria testa, comunica con gli altri prevalentemente con whatsapp e i social e questo anche se il suo interlocutore si trova a meno di un metro da lui.

È capace di assorbire un quantitativo impressionante di informazioni attraverso i post sui social e i video di qualche minuto su youtube, ma non legge mai libri (sempre che gli capiti di leggerne) che vadano oltre un centinaio di pagine (e sarebbero già troppe!) e comunque che non siano scritti da autori troppo impegnativi e/o impegnati perché essere poi portati a dover elaborare un concetto proprio risulta ormai un’impresa davvero impervia per non dire impossibile.

Il lessico a cui ricorre è estremamente ridotto, usa costantemente anglicismi e/o espressioni anglosassoni di cui spesso non conosce manco il significato, ma che lo rendono maggiormente interessante ai più.

Non sa praticamente più scrivere a mano (a parte forse la firma) e non riesce a fare due conti mentalmente manco quelli di livello elementare.

Sa a malapena che la capitale d’Italia è Roma, ma se gli chiedi dove si trovano certe città, regioni o nazioni, sorge in lui soltanto una patetica confusione che denota un’ignoranza pressoché abissale sull’argomento.

Se poi ti azzardi a cercare di approfondire con lui altri temi di cultura generale, salvati cielo perché come risposte ti arrivano soltanto dei “non so” a raffica.

Del funzionamento delle istituzioni sa poco o nulla e quando va a votare (sempre che lo faccia), sceglie i suoi candidati a casaccio e in modo istintivo o al massimo per tradizione di famiglia o per l’apparenza (l’adagio “l’apparenza inganna” ovviamente gli è del tutto sconosciuto) che ha chi si presenta.

Ha uno stipendio modesto, compra tutto a rate, paga sempre le tasse senza batter ciglio, non cucina mai perché è solito riscaldare tutti i surgelati che acquista, beve bibite gassate e acqua in bottiglie esclusivamente in pet di scarsa qualità, tutti gli alimenti li compera al supermercato, tutti rigorosamente sigillati in confezioni di plastica e/o chiusi dentro scatole dai mille colori.

Ha messo un sacco di piante nel suo appartamento di 50 mq perché dice di amare il verde ma poi rimane indifferente al fatto che hanno raso al suolo tutti gli alberi dei viali sotto casa e che quelli dei parchi sono perlopiù malati o rinsecchiti dall’incuria delle ditte appaltatrici e dallo smog.

Quando d’estate fa un caldo torrido, essendo la sua abitazione circondata da cemento e asfalto, fa andare il condizionatore a mille giorno e notte (alla faccia dell’aumento esponenziale del consumo energetico globale e dell’inquinamento) e anche quando si sposta in auto, anche solo per percorrere qualche centinaio di metri, il motore deve restare sempre acceso perché altrimenti, poverino, come farebbe a respirare senza il climatizzatore funzionante a pompa all’interno del mezzo?

Dovevano essere davvero eroiche le generazioni precedenti che riuscivano a percorrere migliaia di chilometri stipate in utilitarie prive di qualsiasi strumentazione del genere!

La sua macchina è ovviamente un SUV, 100% elettrico (manco a dirlo!), composto da circa 2000 pezzi prevalentemente di plastica non riciclabile (e quindi da incenerire per produrre energia e ovviamente inquinare ulteriormente l’ambiente), da vernici tossiche (perché trattate con un’infinità di elementi chimici pericolosi per la salute e l’ambiente) e il cui motore ha richiesto ingenti operazioni di impiego di materie prime sempre più rare, quasi impossibili da smaltire e con un dispendio di energie e un inquinamento da urlo.

Tutto questo in nome del “climate change” (in inglese fa più “chic”) e dell’Agenda ONU 2030 sul clima, ma poi quando si tratta di percorrere distanze importanti anziché ricorrere al treno, preferisce farlo con l’aereo, perché è un mezzo più veloce e più comodo.

Poi però è il primo a scatenarsi sui social contro le scie chimiche, che va a manifestare con gli ecologisti della domenica in difesa del clima e che è pronto a mangiare cibi in laboratorio (ovviamente prodotti sempre inquinando l’ambiente e con l’aggiunta di additivi chimici a iosa) e/o insetti (tanto a cosa servono, non sapendo nemmeno che sono gli unici e i migliori spazzini che abbia mai generato il nostro ecosistema, di cui garantiscono l’equilibrio armonioso?).

Non pensa (sarebbe chiedergli troppo), gli sfuggono il significato di termini quali “rispetto”, “equilibrio” e “umiltà” perché ormai tutto il suo mondo si riduce alla miseria esistenziale del suo essere insignificante asservito ad un patetico conformismo che ne fa il servo esemplare di qualsiasi regime di stampo totalitario.

E purtroppo è quello oggi dominante in Occidente, non soltanto in Italia.

 

Yvan Rettore




giovedì 4 gennaio 2024

"NOTTE PASOLINIANA”: UNO SPETTACOLO DAVVERO MEDIOCRE CHE NON RENDE AFFATTO ONORE ALLA GRANDEZZA DI CIO' CHE FU PIERPAOLO PASOLINI



Ieri sera si è svolta presso l'ex Chiesa della Favana a Veglie uno spettacolo dal titolo “Notte Pasoliniana”, progetto di Ura Teatro realizzato da Fabrizio PUGLIESE e Fabrizio SACCOMANNO.
Doveva essere un tentativo teso a ripercorrere una parabola umana, quella di Pier Paolo Pasolini, per far rivivere le parole stesse di Pasolini, poesie, prose, sceneggiature, immagini, volti, paesaggi, rievocazioni, pensieri, scritti corsari, riflessioni, lettere private, lettere luterane.
In realtà è stato uno spettacolo estremamente confuso senza alcun filo conduttore in cui i pensieri straordinari di quel grandissimo intellettuale che fu Pierpaolo Pasolini sono venuti fuori spezzettati, martoriati da una retorica a volte del tutto inadeguata (lui non urlava mai) e per nulla corrispondente al personaggio e inseriti in contesti slegati tra loro.
Pasolini fu un poeta, scrittore, regista, sceneggiatore, attore e drammaturgo italiano di notevole spessore.
Dello spettacolo di ieri sera, è rimasto ben poco di ciò che veramente fu.
Poesie e prose buttate qua e là, scritti antisistema espressi a iosa in modo disarticolato ma poco o niente su quelli che invece erano legati a determinate tradizioni e contro il modernismo dirompente dei primi anni '70, nessun cenno sulle canzoni scritte da lui per Gabriella Ferri, Sergio Endrigo e Domenico Modugno, silenzio completo sulla Trilogia della Vita (il Decameron, I racconti di Canterburry e Il fiore delle Mille e una notte) che lo consacrarono come uno dei migliori autori teatrali e cinematografici del suo tempo e nessun approfondimento concreto e coinvolgente sul tema delle borgate romane di cui scrisse ben tre romanzi (Ragazzi di Vita, Una Vita Violenta e Accattone) che fanno da tempo parte integrante della letteratura italiana.
Alla fine è venuto fuori uno spettacolo sfilacciato, incoerente nei contenuti, per non dire banale, lontano sia dalle caratteristiche specifiche del personaggio che dalla profondità e autenticità dei suoi pensieri che non sono stati per nulla espressi in modo efficace e coinvolgente per finire con l'amaro in bocca di avere vissuto un evento che lui stesso avrebbe sicuramente criticato fortemente per le lacune evidenti che ha presentato.
La scena finale piuttosto disgustosa della sua autopsia ha dimostrato la mediocrità complessiva di uno spettacolo che avrebbe potuto essere di ben altro spessore.

Prof. Yvan Rettore