giovedì 21 dicembre 2023

QUANDO L'ISLAMOFOBIA DIVENTA OSSESSIVA

 

L’islamofobia è ormai una consuetudine radicata nei talk show di Mediaset.

A farla da padrona in questa specialità, è “Fuori dal Coro”, diretta da Mario Giordano in onda su Rete4.

Non passa settimana, che non diffonda un’islamofobia costante che a tratti si potrebbe perfino definire ossessiva.

I servizi giornalistici di cui si rende protagonista vengono quindi realizzati con una superficialità e una parzialità davvero sconcertanti e volti a diffondere una propaganda antimusulmana dai toni sempre più esasperanti.

Secondo gli ideatori di questo genere di programmi televisivi, vi sarebbe una vera e propria invasione musulmana dell’Europa.

A prescindere dal fatto che mai nessun musulmano è venuto a bussare alla mia porta per chiedermi di aderire alla sua religione, né a chiedermi finanziamenti per sostenere la sua religione (pratiche che invece sono largamente diffuse nel mondo cattolico e nelle sette nostrane), vi è senz’altro un aumento (comunque limitato) della popolazione di fede islamica nel nostro continente.

Però è doveroso fare gli opportuni distinguo.

Vi sono musulmani presenti da secoli nel nostro continente (specie nei Paesi dell’Est), vi sono varie correnti nell’Islam e la maggioranza degli immigrati presenti in Italia è costituita da cristiani e non da musulmani (corrispondenti ad appena un terzo degli stranieri che vivono nel nostro Paese).

Ci sono poi nette differenze di approccio all’Islam tra un albanese e un pachistano, tra un marocchino e un turco e via discorrendo.

D’altro canto, le moschee non sono chiese ma luoghi di culto in cui non è presente la figura di Allah e in cui l’Imam non è equiparabile alla figura di un prete (non essendoci il sacerdozio nell’Islam) in quanto si tratta soltanto di un esperto religioso accreditato a gestire i momenti di preghiera comunitari volti tutti verso La Mecca.

Il fatto che vi sia stato un aumento esponenziale notevole di queste entità nel nostro Paese in questi anni è dovuto essenzialmente all’incremento della presenza di immigrati aderenti alla confessione musulmana.

Visto che nel mondo cristiano si può fare la messa anche al di fuori di una struttura ecclesiastica, che problemi ci sono nell’ammettere che i musulmani possano farlo a loro volta in tali contesti?

Vi è poi l’abitudine costante di generalizzare i gesti irresponsabili (come ad esempio la distruzione di simboli religiosi cristiani) di alcuni fanatici dementi, le pratiche degradanti nei confronti delle donne (come ad esempio il porto del velo) mai previste dal Corano (ma frutto di un maschilismo radicato in certe culture orientali) e certe usanze gastronomiche discutibili come il consumo della carne Halal (in cui l'animale, non stordito e rivolto verso la Mecca, viene ucciso con una coltello a lama luna e affilata e un taglio unico, che recide giugulare, carotidi, esofago e trachea) all’insieme dei musulmani.

Ho conosciuto personalmente albanesi, berberi, curdi e maghrebini estranei a tutto ciò e quindi queste opere di demonizzazione lasciano davvero il tempo che trovano.

Ho constatato invece in quegli ambienti una capacità di aggregazione e di solidarietà che risultano essere sempre più rari nella cultura occidentale, dominata ormai da un individualismo inumano e da un’assenza di valori che viene via via sostituita sempre più da elementi di omologazione che rappresentano il vero pericolo per quanto riguarda il mantenimento della diversità di identità culturali ancora presenti ai nostri lidi.

Ma è nella trasmissione andata in onda il 20 dicembre scorso che  “Fuori dal Coro” si è davvero superata nella realizzazione di un servizio sulla presunta assenza delle festività natalizie nella città francese di Nantes, incolpando come al solito il mondo musulmano di questo fenomeno.

Niente di più falso, ovviamente!

Il sindaco di Nantes, Johanna Rolland, ha incaricato uno specialista del mondo dello spettacolo e dell’arte, certo Jean Blaise, di realizzare un evento chiamato “Voyage en Hiver” (“Viaggio in Inverno”) che si inserisce come proseguimento di un esperimento estivo che portava lo stesso nome e volto a ridare spessore ed importanza alla creatività e alla cultura di Nantes, nell’ottica di un rilancio della città fortemente voluto inizialmente dai commercianti della città francese dopo gli anni disastrosi del confinamento dovuto al Covid.

Se è vero che a Nantes non vi sono addobbi natalizi è però anche vero che sono presenti i mercatini di Natale con tanto di presenza di Babbo Natale.

Si può essere d’accordo o meno con questa scelta discutibile dell’amministrazione comunale, ma quest’ultima non è assolutamente ascrivibile a richieste specifiche della comunità musulmana presente in città ma piuttosto ad una cultura woke che si sta facendo strada in certi ambienti di Sinistra e che è volta ad annullare progressivamente le tradizioni per tentare di creare delle omologazioni fondate su criteri che soffrono però di una carenza cronica di consenso e di vissuto sociale, perché del tutto estranee alla Storia del territorio in cui cercano di imporsi.

Semmai, è quindi l’espressione effimera di una corrente atea esasperante e materialista che sta tentando di farsi spazio e nulla più.

In tal senso, ritengo che sia più preoccupante nel mondo occidentale il fatto che la nascita di Gesù sia diventato un aspetto commemorativo sempre più secondario e trascurabile di questo periodo di festività, tanto è vero che diversi ormai manco più se la ricordano a testimonianza che il vero nemico da abbattere è il consumismo che ci ha uniformati e ridotto ad essere soggetti consumatori e non pensanti in conformità ad un capitalismo che tende a disumanizzare sempre di più le nostre società.

Altro che una presunta quanto inesistente invasione musulmana dell’Europa!

 

Yvan Rettore




giovedì 14 dicembre 2023

LO STERILE SCHIERANTISMO ALL'ITALIANA

I disastri in questo Paese li hanno creati entrambi gli schieramenti in questi ultimi 30 anni e il PD non è manco lontanamente parente di quello che dovrebbe essere la Sinistra.

Finché non capiremo che non ci sono più differenze tra gli schieramenti e che sono entrambi succubi allo stesso modo delle logiche del capitale, non potremo mai superare questo sistema e creare le basi di una società effettivamente umana, solidale e sostenibile.

Ora alla guida del governo c'è la Signora Meloni e non altri, quindi non restiamo ancorati alla solita scusa di "chi c'era prima ha fatto di peggio".

Il Paese va malissimo, è un dato di fatto inequivocabile, come anche che il governo attuale come quelli precedenti non hanno fatto e non stanno facendo nulla per arginare la catastrofe sociale ed economica a cui stiamo assistendo.

Yvan Rettore

martedì 21 novembre 2023

O SI E' BUONI O NON LO SI E'! DECIDIAMO CHI ESSERE, SENZA SE E SENZA MA!

Fa davvero sorridere vedere quanto Paolo Crepet si impegni in TV in questi giorni a dare consigli e pareri sulla vicenda della ragazza appena uccisa, pensando al periodo della pandemia in cui si scagliò con ferocia ed inaudita cattiveria contro coloro che avevano deciso legittimamente di non vaccinarsi.

E come lui tanti altri che furono capaci di diffondere odio e crudeltà senza alcuna esitazione nei confronti di esseri umani non di oggetti!
Detto questo è inutile fare grandi proclami, proporre soluzioni e puntare il dito a destra e a manca se poi vengono adottati dai più (e specie da VIP e professionisti autorevoli) comportamenti che non risultano per nulla esemplari.
Bisognerebbe quindi cominciare a superare simili ipocrisie e opportunismi.
Sarebbe già un buon inizio.
Semplicemente per essere buoni nel senso vero e genuino del termine e non soltanto nelle intenzioni e/o attraverso la pronuncia di belle quanto effimere parole.

Yvan Rettore

sabato 18 novembre 2023

ITALIA, PAESE DOMINATO DALLA COMMEDIA DELL'ARTE E DALLA "LANGUE DE BOIS"



L'Italia è davvero il Paese della Commedia dell'Arte.
Ormai in qualsiasi contesto locale o nazionale, rappresentanti delle istituzioni, politici navigati, scribacchini, sofisti, pseudointellettuali e sindacalisti (di nome ma non di fatto) si accaniscono a cercare di dimostrare ciò che non sono: persone acculturate, formate e preparate nell'eseguire i compiti a loro affidati e/o a discernere delle loro materie in modo esauriente e competente.
Dominano del tutto incontrastati superficialità, esibizionismo, pressapochismo, incompetenze acclarate ed incapacità evidenti anche solo nel modo di parlare, nei termini che vengono usati e quando si giunge ad un'esposizione più dettagliata, allora sembra di stare in un vero e proprio cabaret invece che in un contesto dove dovrebbero essere di regola la serietà e la diffusione di una conoscenza che vada oltre i confini dell'opinionismo, specialità ormai dilagante nel nostro Paese, al punto che ci sono sempre più soggetti che confondono le proprie posizioni con i fatti.
Conviene allora ricordare che le opinioni riguardano (o dovrebbero riguardare) la capacità intellettiva di ogni individuo di riuscire ad elaborare un concetto proprio su un determinato argomento, mentre le seconde si riferiscono essenzialmente alla realtà che non può essere interpretata a piacimento e a seconda delle circostanze, perché trattasi di un elemento oggettivo e non soggettivo.
Temo davvero che se continuiamo di questo passo, giungeremo ad avere perfino dei giudizi da parte della magistratura fondati più sulle opinioni del corpo giudicante che su dei fatti inequivocabili quanto incontestabili.
Ad essere sincero, mi sembra che si sia già avviati su tale percorso involutivo.
Concludo rammentando che quando esisteva l'Unione Sovietica, era in voga in Francia un termine denominato "la langue de bois", ovvero una forma di linguaggio dominante fra i gerarchi di quel regime che consisteva nel parlare per non dire nulla e/o che tendeva sostanzialmente a diffondere la propaganda comunista in modo martellante.
Ora "la langue de bois" ha preso il sopravvento anche in quell'Occidente ormai sempre più carente di veri intellettuali, con un'assenza cronica di statisti e politici di spessore e un giornalismo asservito quasi in toto alle logiche perverse di una società avviata verso una decadenza irreversibile quanto inevitabile.
Come diceva il compianto Gino Bartali: "L'è tutto sbagliato, l'è tutto da rifare".

Yvan Rettore



martedì 14 novembre 2023

IL TOTALITARISMO DELLA SCIENZA E DELLO STATO CHE DECIDONO DELLA VITA DI OGNI ESSERE UMANO


Ultimamente, Giuseppe Remuzzi, Direttore dell'Istituto Mario Negri di Milano, ha dichiarato (in un'intervista rilasciata a Il Messaggero il 14 novembre 2023) quanto segue circa la decisione dei giudici britannici di mettere fine alla vita di Indi Gregory (respingendo così l'appello inoltrato dai genitori della bimba):

 «I bambini non sono proprietà dei genitori. L’interesse dei più piccoli va messo sopra ogni cosa».

La posizione espressa nell'intervista dal Dottor Remuzzi è tipica di uno Stato totalitario in cui si considera la scienza come un insieme di dogmi incontestabili, tali da essere gli unici a poter essere presi in considerazione al di là della libertà e volontà di di vivere di ogni singolo individuo.

E' davvero inquietante che le istituzioni possano giungere a decidere se un essere umano può vivere o meno e proprio chi crede nella scienza e ne è un esponente (per giunta autorevole) dovrebbe per primo essere consapevole che è una branca in continua evoluzione in cui il dubbio dettato dalla costante sperimentazione e condivisione di conoscenze tra professionisti del settore potrebbe sempre rimettere in discussione convinzioni che oggi appaiono certezze inossidabili ma che un domani potrebbero essere messe completamente superate da nuove scoperte.

Il Dottor Remuzzi ha dato per certo che la bambina fosse spacciata e in questo ha dimostrato di non essere uno scienziato ma piuttosto il seguace di una verità scientifica assolutamente incontestabile e quindi di carattere dogmatico, il che è un comportamento che è in completa antitesi con la scienza.

Inoltre, e cosa ancora più grave, quella creatura era del tutto indifesa e non costituiva per niente un pericolo all'incolumità di altri e il paragone con l'obbligo di vaccinazione al morbillo espresso dal Dottor Remuzzi è del tutto fuori luogo perché la malattia di Indi non presentava alcuna caratteristica di tipo infettivo.

E poi questo luminare della medicina che ne sa delle sofferenze che patirebbe un individuo tenuto in vita da delle macchine?!

Dispiace davvero notare che un medico brillante come il Dottor Remuzzi si sia reso protagonista di simili uscite che sono un vero schiaffo alla vita intesa in questo caso come proprietà esclusiva dello Stato e sulla quale solo un gruppo ristretto di persone può deciderne le sorti.

L'espressione di un totalitarismo che pensavamo e speravamo di avere superato dopo gli orrori vissuti nel secolo scorso attraverso l'affermazione e la diffusione di ideologie terribili che veicolavano proprio questo modo di agire nei confronti delle esistenze degli esseri umani che dovevano esserne schiavi incondizionati.

Yvan Rettore




sabato 11 novembre 2023

ALBERI IN ITALIA: UNO SCEMPIO AMBIENTALE SENZA FINE

Purtroppo bisogna constatare che non vi è una vera e propria cultura ambientale nel nostro Paese a garanzia della conservazione e valorizzazione del patrimonio arboreo pubblico e privato. 

Ai nostri lidi gli alberi vengono sempre più spesso considerati alla stregua di banali oggetti che si possono tagliare e rovinare a piacimento in quanto sia le istituzioni che le organizzazioni ecologiste risultano molto blande nel monitorare le aree verdi presenti sul territorio.

La capitozzatura ormai è diffusa dovunque e non accenna affatto a diminuire.

Anzi!

Per quanto riguarda poi eventuali sanzioni contro i trasgressori delle norme in vigore su tale questione, sono misure di scarso rilievo e di dubbia efficacia.

Il problema è che generalmente non passa manco per l'anticamera del cervello della maggior parte delle genti italiche che gli alberi sono veri e propri esseri viventi.

Poco a livello istituzionale, quasi per niente in ambito privato.

Non vi è nessuna consapevolezza che essi sono gli unici in grado di poter assicurare l'ossigeno con cui respiriamo e di ridurre sensibilmente le torride temperature estive che ormai imperversano sempre di più in gran parte delle località del nostro Paese, specie al Sud. 

La stragrande maggioranza degli italiani preferisce spendere cifre non indifferenti e consumare energia a dismisura in impianti di climatizzazione di varie dimensioni.

Poi ovviamente non riescono a fare a meno dell'aria condizionata manco quando il veicolo è in stato di fermo mantenendo costantemente il motore acceso in barba al Codice della Strada che prevede in questo caso un'ammenda di ben 444 Euro.

Tanto il più delle volte quando avvengono tali violazioni non si vedono i vigili urbani nemmeno col lumicino.   

Informarsi, cominciare a ragionare con la propria testa e soprattutto capire come funziona davvero il nostro ecosistema è davvero come chiedere la luna a simili soggetti. 

Quindi per loro è meglio ridurre all'osso gli alberi che intralciano la circolazione o danno fastidio quando sono posizionati sui marciapiedi davanti all'uscio di casa.

Non si pongono manco il problema dell'inquinamento atmosferico che causano con le loro azioni irresponsabili.

E per quanto riguarda l'energia, credono scioccamente che sarà disponibile all'infinito, salvo poi essere i primi a lamentarsi quando i costi salgono sempre di più quando questa comincia a mancare.

E poi ci si chiede perché questo modello di società sta andando a rotoli! 

Una delle tante (troppe) manifestazioni della tipica filosofia individualista spicciola italiana che si può riassumere nella frase seguente: "Basta che vada per me, degli altri chi se ne frega?"


Yvan Rettore




lunedì 6 novembre 2023

ITALIA 2023: L'ELOGIO DEL BRUTTO

Mai come in quest'epoca, il brutto si è                     imposto così tanto in tutti i settori della nostra società.

Partiamo dallo spettacolo e più precisamente dal cinema.

Circolano un’infinità di film insulsi, con trame prevedibili, scarsa originalità nell'uso sia della telecamera che della   scenografia.  

Per non parlare poi degli   attori   dalla   recitazione spesso approssimativa e troppo spesso inespressivi, ridotti quasi sempre in primi piani che ne esaltano la mediocrità.

Le fiction poi sono anche peggio e di fatto incarnano pellicole che costituiscono davvero un insulto alla settima arte.

A livello musicale, le cose non vanno meglio: cantanti che urlano, voci dalle tonalità limitate, assenza di originalità a livello di strumentazione.

Dominano le cacofonie, i suoni pesanti e assordanti, i testi privi di vero contenuto e che alla fine risultano ripetitivi.

Il teatro, ridotto all’osso a livello di produzione, rimane dinamico e propositivo unicamente grazie a compagnie di teatranti volontari.

L'opera rimane una cosa come sempre elitaria, limitata ad una casta di privilegiati e comunque molto lontana dai fasti del passato.

A livello letterario, ad affermarsi sono sempre di più scrittori davvero mediocri, che al di là degli strafalcioni linguistici a loro consoni, non sanno colpire il cuore dei lettori né tantomeno dare elementi positivi di crescita culturale complessiva, appiattiti come sono nelle logiche della società del consumo.

I pittori invece, quelli bravi, sono destinati a restare sempre nell'ombra, perché dipingere oggi più che mai non rende; quindi, in chiave strettamente di mercato risulta un'attività inutile.

Intellettuali?

Ormai non ce ne sono più e quelli che si atteggiano ad esserlo, sono soltanto copie volgari ed approssimative dei grandi intellettuali che abbiamo avuto anche in un recente passato.

Giornalisti?

Dominano scribacchini da quattro soldi che si vendono al miglior offerente e che tirano a campare col potente di turno.

Pochi e in via di estinzione quelli che lo fanno davvero con un'etica professionale autentica.

Mondo accademico: pieno di "baroni dinosaurici" che sono superati in tutto e per tutto e che preferiscono mantenere lo status quo anziché avanzare proposte e attuare provvedimenti che potrebbero rinnovare profondamente tutto il mondo universitario e della ricerca in Italia.

E concludo con l'edilizia.

L'Italia è conosciuta in tutto il mondo per le sue opere architettoniche uniche e straordinarie, ma quando vedo gli edifici che sono stati costruiti dal dopoguerra in poi, mi rendo conto che quella fase di splendore è definitivamente tramontata.

Basta fare un giro per le nostre città e vediamo dei quartieri "pollai", delle vere e proprie "gabbie" abitative, prive di vita e di armonia.

Elogio del brutto ad oltranza, perché nel mondo del capitale, ciò che è fondamentale è ciò che rende, non ciò che è bello e che è capace di essere un elogio alla vita e all'amore.


Yvan Rettore




sabato 4 novembre 2023

PERCHE' MI DISSOCIO DALLE FESTIVITA' DEL 4 NOVEMBRE

Ufficialmente il 4 novembre è dal 1919 la Festa dell'Unità Nazionale e delle Forze Armate.

In realtà ormai pochi, anche fra le istituzioni, sanno veramente a cosa si riferisce tale evento.

E allora ricordiamolo.

Il 3 novembre 1918 fu firmato l'armistizio di Villa Giusti, nella villa del Conte Vettor Giusti del Giardino a Padova fra l'Impero austro-ungarico e il Regno d'Italia.

Entrò in vigore a partire dal giorno dopo, ovvero il 4 novembre 1918.

Quella data segnò anche la fine della Quarta Guerra d'Indipendenza e quindi del Risorgimento.

Da quel giorno si ritenne completata l'Unità d'Italia con l'annessione del Trentino, del Sud Tirolo, dell'Istria e di Trieste.

Così si concluse un conflitto che era costato all'Italia ben 600.000 morti (in gran parte giovanissimi e prevalentemente veneti e friulani) e oltre 1.000.000 di mutilati.

Vittime oggi dimenticate perché purtroppo il tempo ha fatto il suo corso e scavato l'oblio nella mente delle generazioni successive.

Io invece non ho mai dimenticato.

Vittorio, mio nonno paterno fu chiamato alle armi appena diciassettenne nel 1915 e si trovò per anni a vivere l'inferno di quella guerra.

Come lui furono tantissimi a non capire le ragioni che gli imponevano di uccidere gente che non aveva fatto loro niente di male.

E se non ubbidivano rischiavano di venire fucilati.

Oltre al terrore costante di venire uccisi in qualsiasi momento quei soldati non videro la loro casa per anni, patirono il freddo e la fame e dovettero spesso combattere in condizioni estremamente difficili per non dire inumane sulle montagne che separavano l'Italia dall'Austria.

E tutto questo per cosa?

Per annettere una manciata risicata di territori sulla base di un patriottismo malato e feroce che in seguito alla fine del conflitto si trovò ad essere ulteriormente alimentato da una crisi sociale ed economica dirompente che sancì l'affermazione di un nazionalismo ancora più esasperante che si espresse al meglio nel fascismo incarnato da Benito Mussolini, il socialista interventista che nel 1915 aveva invocato l'entrata in guerra dell'Italia contro l'Austria.

E' doveroso ricordare che fino ad allora l'Italia era stata alleata della Germania e dell'Impero austro-ungarico in quella che veniva chiamata la Triplice Alleanza.

All'inizio del conflitto, l'Italia si era dichiarata neutrale per poi un anno dopo tradire gli accordi conclusi con quelle due potenze e unirsi di fatto alla coalizione opposta, ovvero la Triplice Intesa che riuniva la Francia, l'Impero Britannico e la Russia.

Quindi il nostro Paese entrò in guerra compiendo un vero e proprio tradimento politico e militare.

Inutilmente, i neutralisti capeggiati da socialisti di grande spessore, come Matteotti e Pertini, tentarono di tenere fuori l'Italia dal conflitto.

La corrente interventista, in cui stava venendo fuori in modo prepotente la figura di un altro socialista, certo Benito Mussolini, riuscì a prendere il sopravvento.

E da allora cominciò il massacro di un'intera generazione.

Il Piave e altri fiumi del Nordest diventarono rossi del sangue (e rimasero di quel colore per diversi mesi) delle decine di migliaia di vittime di quell'orrore, tantissime famiglie si trovarono a poter contare soltanto sulla forza lavoro delle donne e dei bambini, ufficiali da ambo le parti si "divertirono" ad usare e mandare al macello degli esseri umani unicamente per magnificare la loro gloria sui campi di battaglia e ancora oggi qui in Italia dobbiamo sorbirci la vista dei loro nomi in diverse piazze e vie delle nostre città.

E tutto questo per l'Unità di un Paese che "era ancora da fare", promosso e attuato da dirigenti e ufficiali che se ne stettero al calduccio dei loro salotti e residenze per tutto il tempo del conflitto a decidere del destino di milioni di persone soltanto per soddisfare interessi che come al solito non avevano nulla a che fare con il bene dell'Italia.

E poi la beffa di dedicare il 4 novembre non soltanto a tale evento storico ma anche a quelle forze armate che da sempre non esistono per difendere la pace e l'amore tra i popoli, ma semmai per garantire l'esatto opposto.

Ulteriore contraddizione dei contenuti della giornata odierna è quella rappresentata dall'art. 11 della Costituzione che a questo punto si dovrebbe completare nel modo seguente:

"L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali salvo nei casi in cui vi siano precisi interessi da parte di aziende italiane produttrici di armi".

Detto questo, che senso ha ancora festeggiare il 4 novembre?

Festeggiare un'Unità nazionale ancora oggi incompiuta e che ha comportato la morte e/o la distruzione delle esistenze di centinaia di migliaia di creature innocenti sia italiane che austriache?!

Festeggiare delle Forze Armate che ci costano ogni giorno un occhio della testa e i cui finanziamenti esosi potrebbero essere dirottati quasi integralmente in settori di crescita sociale, economica e culturale che dovrebbero essere assolutamente prioritari in una società che pretende (la cosa oggi fa alquanto sorridere) ancora di essere civile?!

No, grazie.

Oggi, il mio pensiero va a mio nonno Vittorio e a tutti quei giovani (soprattutto ragazzi) morti senza sapere perché in nome della ferocia e dell'inumanità di pochi individui privi di qualsiasi scrupolo.

Quindi, invece di partecipare ad inutili quanto effimere parate, con tanto di bandiere e vessilli, fatevi un giro per i tanti comuni presenti soprattutto nel Nordest in cui vi sono ancora oggi diversi monumenti ai caduti e migliaia di tombe che ricordano le vittime di quella carneficina che fu la Prima Guerra Mondiale e che a questo punto si può dire, sono stati veri Uomini, con la U!

E onorateli dal profondo del vostro cuore, perché loro e soltanto loro meritano di essere ricordati e commemorati in questo triste giorno di novembre.


Yvan Rettore








venerdì 27 ottobre 2023

LA DESERTIFICAZIONE POLITICA

 

Unito all'aumento esponenziale dell'assenteismo si sta assistendo ultimamente ad un altro fenomeno particolarmente marcato a partire dalle piazze e assemblee politiche che si svolgono anche nelle località più piccole e remote del nostro Paese.
Questi si sta traducendo in una desertificazione massiccia dei cittadini a tali eventi e si sta manifestando in modo sempre più prepotente quanto evidente.
Ne ho avuta personalmente una dimostrazione eclatante ieri sera nella piazza di Veglie, il comune presso cui risiedo in provincia di Lecce.
Il tema dell'incontro pubblico programmato in quella sede verteva sul prossimo insediamento di alcune pale eoliche nei campi (comunque lontane dalle zone abitate e non visibili dai centri urbani) di quella che viene denominata la Terra d'Arneo (o meglio la zona nordoccidentale della provincia di Lecce).
Presenti erano una decina fra sindaci del territorio, il presidente della provincia e quello del Gal.
Ebbene, la piazza antistante a questi relatori era in gran parte vuota.
Ci saranno state al massimo una trentina di persone sedute e poche altre in piedi.
La maggior parte di esse erano membri delle diverse amministrazioni comunali mentre il resto dei presenti era formato da alcuni simpatizzanti e curiosi di passaggio.
Nient'altro!
Nella seconda metà del secolo scorso, ed in particolare nel trentennio dell'immediato dopoguerra, sarebbe bastata la sola presenza del sindaco del paese per riempire tutta la piazza fino all'orlo.
Oggi, manco una decina di sindaci e altre autorità riescono a farlo!
E' un dato dimostrativo di quanto siano ormai distanti e poco considerate perfino le istituzioni locali dai cittadini, i quali si fanno avanti a riempire quegli spazi soltanto in occasione di eventi ricreativi e gastronomici e sempre più spesso anche quelle manifestazioni non fanno più il pienone come un tempo.
A prescindere dal tema dell'evento (le pale eoliche) affrontato in modo superficiale dai presenti (in assenza di autorevoli specialisti in grado di fornire informazioni oggettive e quindi in grado di fare tabula rasa di luoghi comuni ed inesattezze). il giorno (venerdì) e l'orario (dalle 18'30 alle 20'00) non hanno sicuramente agevolato la partecipazione di un pubblico più numeroso.
Tuttavia, sono del parere, che anche se questi limiti evidenti alla buona riuscita dell'evento fossero stati superati, non avrebbero di certo comportato un incremento significativo delle persone presenti in quella piazza.
Le cause di questa indifferenza crescente e evidente verso le istituzioni sono diverse.
La prima è l'affermazione capillare di un individualismo diffuso e ormai radicato in gran parte della popolazione, fenomeno che si è maggiormente affermato dopo gli anni bui del Covid e che ha in gran parte spazzato via quel senso di comunità e di condivisione che costituiscono il sale fondamentale a qualsiasi evoluzione sociale e culturale.
Ormai si può dire che in numerosissimi comuni italiani risulta assente o comunque presente in un modo del tutto trascurabile e in ogni caso ampiamente insufficiente per attuare con successo e in tempi relativamente rapidi processi di miglioramento della situazione esistente che per larga parte degli italiani si fa ogni giorno sempre più difficile ed insostenibile.
Questo aspetto praticamente intrinseco al modello di società in cui viviamo ha generato l'affermazione di una mediocrità diffusa e dominante ai vertici istituzionali dell'insieme del nostro Paese e l'immagine di una piazza quasi deserta come quella vista ieri sera ne è una dimostrazione palese perché, che lo si voglia o meno, la classe dirigente è lo specchio dei cittadini che la legittimano sia col loro voto che con il loro non voto.
Rimane ancora viva una minoranza silenziosa che non si riconosce in questa involuzione e che tenta di avviare processi di coinvolgimento sociale e culturale tesi a ricostituire (o almeno a mantenere in essere) un nocciolo duro che non intende piegarsi a questa deriva e che possa rivelarsi disponibile a costruire qualcosa di alternativo allo scempio a cui finora si è passivamente adeguata la maggioranza dei cittadini italiani ma anche buona parte degli immigrati residenti.
E' quindi ovvio che questa componente (tutt'altro che trascurabile) venga relegata e ostacolata da una morale dominante in cui la maggior parte dei dirigenti istituzionalmente eletti e non hanno tendenza ad affermarsi più attraverso le apparenze e la copertura effimera di incarichi che per le reali capacità e competenze che sono in grado effettivamente di dimostrare.
Non partecipare a simili eventi dominati da fiumi di parole, tesi in gran parte a dare spazio e visibilità più alle apparenze che ai contenuti e quindi largamente inconcludenti perché relegati essenzialmente alle iniziative dei vertici istituzionali locali e delle strutture che li sostengono, costituisce una scelta inevitabile per questa minoranza di persone che hanno invece una visione di società e un approccio con le cose e la realtà del tutto in antitesi con questi modi di fare e di pensare.
In conclusione la desertificazione della piazza di ieri sera rappresenta il chiaro segnale che qualcosa sta comunque mutando molto velocemente nella nostra società, perché quando la classe dirigente si trova a vivere soprattutto di autoreferenzialità e non può più contare su una partecipazione e un coinvolgimento di massa della gente comune, significa che ha ormai perso ogni sua credibilità ed autorevolezza e che non ha quindi futuro.

Yvan Rettore



mercoledì 18 ottobre 2023

SI ESCE SEMPRE PERDENTI QUANDO SI RECITA NELLA VITA

 Prima ci facevo meno caso, forse perché ero più giovane e spensierato, ma ora con l'avanzare degli anni mi accorgo sempre più spesso di un fenomeno che sta prendendo piede in modo devastante in ogni angolo del nostro Paese.

E dov'è maggiormente presente l'ignoranza, si diffonde ad una velocità davvero impressionante.
Parlo della consuetudine crescente di non pochi italiani (ma ora anche diversi immigrati si stanno comportando in modo analogo) di adottare delle attitudini esagerate (per non dire ridicole) nel manifestare il proprio ego spacciandosi per ciò che non sono né mai potranno essere.
Il fenomeno si sta presentando in modo esponenziale in ogni settore, da quello politico (ovviamente) a quello dello spettacolo, passando per quello del giornalismo a quello accademico e via discorrendo.
E' tutta una gara a chi la spara più grossa e così trovi individui che dicono di possedere titoli di studio che risultano sconosciuti agli istituti in cui dicono di averli conseguiti, di avere rapporti con gruppi o VIP ai quali sono però del tutto estranei e di dichiararsi specializzati in settori che conoscono soltanto in modo superficiale e potrei continuare con la lista di fantasie di cui si rendono protagonisti simili soggetti.
Circolano persino dei CV contenenti una sfilza di corsi e seminari ai quali gli autori pretendono di avere partecipato e che credono ingenuamente di poter far passare come un valore aggiunto ad una formazione che invece appare molto più terra terra rispetto a quelle caratteristiche di un certo livello di studi e di apprendimento.
Poi, ci sono soggetti che improvvisamente si autopromuovono dichiarandosi impiegati quando invece sono operai, dirigenti quando invece ricoprono soltanto determinati incarichi subalterni alla direzione per giungere a coloro che pretendono addirittura di poter disquisire di qualsiasi argomento perché ritengono che con Wikipedia si possa fornire una risposta a qualsiasi quesito venga loro posto.
Tutti artisti del nulla, veri e propri campioni di mediocrità che cercano disperatamente di farsi un posto del sole ricorrendo a squallidi intrallazzi e patetici sotterfugi che li costringono a dover percorrere scorciatoie che però li limitano costantemente (perché ad ogni scorciatoia, bisogna pagare dazio a qualcuno in grado di farti passare) e li rinchiudono sempre di più nel baratro della loro disonestà malata e nella loro patetica megalomania.
Infatti, il loro destino è quello di rimanere confinati a ruoli effimeri di protagonismo, a volte ridotti ad una dimensione locale o poco altro perché appena si trovano a doversi confrontare con individui che possono davvero vantarsi di avere una formazione, che sono autenticamente acculturati e in grado di dimostrare comunque le loro indubbie capacità, allora questi abusivi da quattro soldi si sciolgono improvvisamente come neve al sole, schiacciati impietosamente dal macigno della sapienza e intelligenza di uomini di indubbio spessore e valore.
Per riuscire veramente ad emergere e a dimostrare di meritarsi davvero una determinata posizione di vertice e/o di responsabilità nella società, ci vogliono tante rinunce e sacrifici, una volontà incrollabile, una tenacia fuori dal comune e una notevole fiducia in se stessi. 
Ma soprattutto ci vuole un'enorme dose di umiltà, fondamentale per raggiungere ogni obiettivo che si intende realizzare e per non dichiararsi mai arrivati perché oggi puoi essere una persona di successo e apprezzata da tutti e un domani le avversità e imprevisti della vita potrebbero farti scendere da una posizione che comunque non devi mai ritenere superiore nei confronti di tutti coloro che per vari motivi non ce l'hanno fatta a concretizzare i loro sogni e aspirazioni.
Ovviamente chi vive in un ambiente agiato, può essere facilitato nella scalata al successo e nella propria realizzazione professionale, sociale e umana, ma è fuori discussione che se non disponi di determinate qualità e di un certo livello intellettivo, certe posizioni potrai forse lo stesso raggiungerle, ma per periodi comunque brevi e limitati.
In parole povere, chi è umile e intelligente resterà una persona fuori dal comune anche al di fuori della sua dipartita, perché sarà stato capace di dare un contributo importante e prezioso all'evoluzione e al progresso del contesto in cui ha operato e che resterà nella memoria dei vivi anche quando non ci sarà più.
Chi è mediocre e cerca nella propria altezzosità e falsità di emergere, presto o tardi dovrà fare i conti con le conseguenze della scia di menzogne che avrà diffuso e che avranno lasciato soltanto cattiverie, invidie e voglia di rivalsa in coloro che ne saranno state vittime.
Simili soggetti sono destinati soltanto a passare e a non lasciare nulla  che valga la pena di essere ricordato o considerato, né in vita e nemmeno una volta che lasciano questa valle di lacrime.

Yvan Rettore



giovedì 12 ottobre 2023

GLI STATI UNITI SONO LA MAGGIORE MINACCIA ALLA PACE NEL MONDO


Gli Stati Uniti sono nati e si sono sviluppati sul genocidio dei Nativi prima e sulla schiavitù delle popolazioni nere dall’Africa poi.

Fin dall’inizio della loro Storia hanno considerato l’America Latina come il loro “cortile di casa”, sfruttandola a man bassa e saccheggiandola di continuo di ogni bene e risorsa.

La logica del Far West e della competizione ad oltranza pur di poter emergere senza scrupoli nei confronti di qualsiasi avversario o ostacolo che si possa presentare sul proprio camino esistenziale, sono tuttora caratteristiche endemiche della società statunitense.

Questi aspetti sono fortemente radicati nella cultura americana al punto da ritenersi come l’unica nazione guida dei destini dell’umanità e per poter rivendicare ed imporre questa loro strenua convinzione, l’establishment statunitense non ha mai esitato ad usare la forza in qualsiasi situazione e contro qualsiasi paese che potesse contrastare le loro mire espansionistiche.

Non soltanto gli Stati Uniti risultano essere un paese che in due secoli di Storia ha quasi sempre vissuto uno stato perenne di guerra ma sono anche l’unica nazione ad avere impiegato le armi nucleari per massacrare decine di migliaia di esseri umani.

Praticamente non esiste quasi nessun angolo del mondo in cui gli americani non abbiano causato morti, violenze e immani distruzioni.

E quando non lo hanno fatto direttamente sono ricorsi a paesi alleati come la Francia o il Regno Unito o ad organizzazioni terroristiche e gruppi armati inventati di sana pianta per fare i cosiddetti “lavori sporchi” destinati ad alimentare conflitti e tensioni dovunque ci fossero interessi statunitensi da difendere.

In questo contesto appare ovvio che l’industria delle armi americana non è soltanto il settore di gran lunga più importante ed economicamente strategico degli Stati Uniti, ma anche dell’insieme del mondo occidentale.

E’ un settore capillare per la ricerca tecnologica e per tutto il comparto manifatturiero di punta e quindi la generazione di conflitti è una base fondamentale del sistema capitalista attuale.

A dire il vero, e soprattutto nel caso degli Stati Uniti, lo è probabilmente sempre stato in quanto suffragato fin dall’inizio da una cultura fondata prevalentemente sulla violenza e sulla sopraffazione nei confronti dei più deboli e nell’affermazione di una società improntata su un individualismo esasperante che è l’antitesi di una società solidale la quale è l’unica che può davvero garantire una politica di pace e di autentica emancipazione sociale e umana dei propri membri.

Oggi, più che mai, la crisi irreversibile del sistema neoliberista (che sta comportando un prossimo tracollo dello stesso) necessita di tentativi sempre più grandi e frequenti di creazione e/o fomentazione di conflitti che possano dare fiato e mantenere un’economia (quella americana ma anche quella dell’intero occidente) ormai asfittica e incapace di uscire da una crisi in cui si sta avvitando ogni giorno di più ed in modo drammatico quanto disastroso per decine di milioni di persone.

Fino a quando potrà durare ed espandersi questa politica guerrafondaia è difficile da dire, ma sembra che si stiano per consolidare quattro certezze:

  •          il consenso diffuso allo strapotere americano sul mondo è ormai un lontano ricordo e sta lasciando spazio ad un odio viscerale sempre più marcato di gran parte dei paesi nei confronti degli Stati Uniti
  •       si sta assistendo alla formazione di un sistema di alleanze di paesi alternativo all’Occidente a trazione americana, il quale appare ormai nettamente minoritario sul piano demografico a livello planetario e a breve rischierà di esserlo anche a livello anche economico e militare
  •        sia il dollaro statunitense che l’Euro sono sempre più minacciati come monete di riferimento nel commercio internazionale di beni e servizi e questo andamento comporterà un inevitabile indebolimento delle nazioni a cui fanno riferimento
  •       l’impoverimento, la precarietà e le incertezze crescenti nel mondo occidentale costituiscono una polveriera sociale dagli esiti del tutto imprevedibili in grado di generare momenti di forte instabilità e scenari di violenza ingestibili da parte dei poteri politici attualmente insediati, i quali appaiono fin d’ora in gran parte delegittimati da organi istituzionali di natura sempre più oligarchica in quanto in gran parte svuotati di quelle garanzie sancite nelle costituzioni democratiche che distinguevano l’Occidente dai totalitarismi una volta imperanti nel resto del mondo.

Conclusione: una pace diffusa in tutto il mondo potrà essere raggiunta soltanto con il superamento degli Stati Uniti come superpotenza planetaria e di un Occidente che non può più pretendere di ergersi come un punto di riferimento credibile ed autorevole sia sul piano democratico che di un sistema sociale ed economico davvero sostenibile sul piano umano e ambientale.

 

Yvan Rettore






domenica 1 ottobre 2023

VEGLIE, UN PAESE PRIVO DI REGOLE

 

Permangono nella località parcheggi selvaggi, assenza di controlli costanti, sanzioni e di multe da parte delle forze dell'ordine, marciapiedi inservibili e le immancabili strade a forma di groviera.

Piste ciclabili? Inesistenti su tutto il territorio comunale.

Dossi: due, di cui uno smantellato sui lati!

Sta diventando una consuetudine per alcuni membri dell'attuale amministrazione di usare i vigili urbani come scorta e taxi per scorrazzare per il paese nello svolgimento dei loro compiti istituzionali.

Sabato 9 settembre e sabato 23 settembre 2023, tra le 11'30 e le 12'30, si è visto infatti un assessore comunale girare per Veglie ricorrendo a tale modalità, non prevista e quindi non ammessa dalla Legge 65 del 1986.

Venerdì 29 settembre 2023, viene registrata un'assenza completa dei membri della Giunta Comunale presso la sede del Municipio tra le ore 11'00 e mezzogiorno.

Nello stesso giorno e stesso intervallo orario, viene registrata l'assenza e irreperibilità della Preside del plesso scolastico locale.

Erano tutti ammalati o si tratta di una consuetudine?

Durata dell'ultima assemblea comunale: poco più di 8 minuti (forse si tratta di un primato nazionale).

Attitudine prevalente fra i gestori di esercizi locali: se non sei d'accordo con loro, ti tengono il broncio in modo permanente perché la diversità di punti di vista non è ammessa.

Evidentemente non è ancora giunta (o non è stata capita) a Veglie la famosa regola che il "cliente ha sempre ragione" e che se lo tratti male non solo non verrà più da te, ma ti sputtanerà ad un punto tale che di clienti ne perderai almeno 10 volte tanto.

Per ora è tutto dalla situazione di caos, degrado e logiche da far west ormai permanenti in questo comune.

Ovviamente, non mancano coloro che continuano a credere alla favola che "va tutto bene"!

Yvan Rettore

domenica 24 settembre 2023

STORIA E CULTURA NON SONO ELEMENTI GRANITICI DEL NOSTRO MONDO


Sia la Storia che la Cultura che ne è parte integrante, non sono elementi granitici fissati nel tempo una volta per tutte perché la Storia viene scritta da eventi in costante attuazione e la Cultura si nutre di confronti, condivisione e integrazione nei rapporti con coloro che ne hanno una diversa.
Se ciò non avviene si impongono l'involuzione e il conseguente decadimento di una civiltà.
La civiltà romana riuscì ad evolvere tantissimo proprio grazie all'integrazione delle tante culture diverse presenti nel territorio dell'impero.
Quella veneziana raggiunse il massimo del suo splendore integrando elementi culturali dei Balcani e del mondo orientale, tanto è vero che ciò si ritrova ancora oggi nell'architettura dei palazzi veneziani, nei cognomi di gente veneta e in certi modi di dire dialettali.
E quella francese si è arricchita tantissimo attraverso il mondo africano ma anche italiano, spagnolo, polacco e russo.
Quindi sono l'incontro e l'integrazione di tante culture diverse tra loro che consentono l'evoluzione e l'apertura mentale di una comunità che in tal modo può essere poi in grado di scrivere pagine memorabili di Storia in luogo e posto di tragici eventi legati alle solite guerre, contrapposizioni e violenze di ogni genere che oppongono da sempre e comunque da troppo tempo gli esseri umani. Non sarebbe ora di voltare pagina?
Yvan Rettore

TUTTO E' RELATIVO, NULLA E' DEFINITIVO

L'esistenza di ogni individuo si inserisce in un contesto perpetuamente in movimento, in cui tutto è relativo quanto effimero. 

Non c'è niente di definitivo, né di definito, perché tutto cambia e quello che poteva quindi essere vero e valido ieri, non potrà più esserlo domani. 

L'essere umano, nella sua dimensione ridotta quanto limitata, ha bisogno di punti fermi, di elementi di riferimento stabili e di appoggiarsi su delle certezze, perché durante tutto il suo passaggio terreno ha tendenza a rifiutare la miseria della sua condizione, che appare futile, effimera e provvisoria. 

Pochi sono coloro che acquisiscono la consapevolezza di tale evidenza e ancora meno coloro che si dichiarano capaci di accettarla serenamente. 

Ecco perché la maggior parte degli esseri umani rifugge dal pensare con la propria testa, preferendo adeguarsi ad una situazione artefatta in cui rimangono schiavi e incatenati a logiche attraverso le quali si illudono di poter nascondere l'inevitabile. 

Pensare dovrebbe essere quindi il primo passo non soltanto per diventare autenticamente liberi, ma soprattutto per essere uomini e donne e non attori passivi di un passaggio terreno il cui percorso rimane definito da altri e che non ha nulla a che fare con la vita in quanto tale. 

E a questo punto nemmeno con la morte.


Yvan Rettore

giovedì 21 settembre 2023

PERCHE' NON PARTECIPERO' ALLA MANIFESTAZIONE IN DIFESA DELLA COSTITUZIONE "LA VIA MAESTRA" PREVISTA IL 7 OTTOBRE PROSSIMO A ROMA


Non parteciperò per una semplice questione di coerenza.
Infatti, da quale pulpito hanno ancora il coraggio di parlare di Costituzione entità sindacali che hanno fatto poco o nulla contro il degrado del lavoro, della sanità, dell'istruzione e della previdenza pubbliche e dello Stato sociale in quest'ultimo trentennio?
Da quale pulpito hanno ancora il coraggio di parlare entità e organizzazioni che dicono di battersi per l'ambiente salvo poi essere sorde, cieche e mute di fronte alla devastazione del verde pubblico in varie zone del Paese?
Da quale pulpito hanno ancora il coraggio di parlare entità e organizzazioni che hanno reagito a correnti alternate nei confronti delle guerre che hanno dissanguato il pianeta in questi anni, dimostrandosi pronte a muoversi soltanto quando sono legittimate dallo zio Sam?
Da quale pulpito hanno ancora il coraggio di parlare di Costituzione entità sindacali, associazioni e personaggi che hanno avallato integralmente le misure anticovid del governo Draghi e sostenuto apertamente l'ex ministro Speranza, lasciando sul lastrico milioni di lavoratori e legittimando il degrado della salute di tanti altri senza che le istituzioni fossero chiamate a risponderne?
Come potrei affiancarmi a gente come Maurizio Landini e Don Ciotti insieme a tanti altri personaggi noti (Travagli, Ferilli, Finardi, Lerner...) che hanno sottoscritto nel 2021 un manifesto pubblico di espresso sostegno alle misure discutibili quanto inefficaci dell'ex Ministro Speranza?
I promotori e partecipanti di tale mobilitazione vogliono davvero parlare e agire in difesa della Costituzione?
Bene, allora lo facciano con coloro che si sono sempre impegnati a difenderla con le unghie e con i denti e non con personaggi o entità che non hanno dimostrato tale coerenza!
E lo facciano partendo dalla gente comune, specie quella che vive nel silenzio e nell'indifferenza e che viene ignorata da partiti, sindacati, istituzioni e media!
Lo facciano partendo da quelle persone a cui nessuno dà voce e da quelle che si sacrificano ogni giorno per dargliela.
E facciano finalmente deserto di coloro che invece agiscono soltanto per puro opportunismo e interessi di bottega e che non possono ormai più dare un contributo concreto e credibile per una difesa della Costituzione che non sia soltanto a parole, ma che si possa concretizzare autenticamente nella vita quotidiana di ogni singolo cittadino!
Se avranno il coraggio di operare davvero tale svolta, allora io non parteciperò soltanto ad une delle loro manifestazioni ma a tutte quelle che verranno anche in seguito.

Yvan Rettore



mercoledì 20 settembre 2023

ITALIA, POTENZA CULTURALE? UNA VOLTA, SICURAMENTE NON PIU' OGGI!

 

E pensare che negli anni '70 in Italia nacquero una fucina di movimenti di Sinistra che fornirono una straordinaria evoluzione culturale e sociale, caso unico nel panorama europeo.
Fu in quel periodo che sorsero gli "Indiani metropolitani", il "Movimento del '77", i centri sociali di "Autonomia Operaria", esperienze di stampa autogestita e le prime radio libere e tanta, tanta creatività sul piano artistico con un livello intellettuale mai più raggiunto da allora.
Quella frenesia "rivoluzionaria" preoccupò talmente i poteri forti dell'epoca da correre ai ripari, prima dissacrando tali movimenti per poi distruggere progressivamente tutta l'evoluzione culturale e sociale di cui si erano resi protagonisti, giungendo ad impoverire l'istruzione pubblica e a limitare fortemente qualsiasi iniziativa culturale controcorrente fino ad inebetire la popolazione italiana rendendola in gran parte analfabeta funzionale.
La situazione attuale dimostra che ci sono ampiamente riusciti, visto che gli italiani non reagiscono quasi più di fronte ai soprusi e alle ingiustizie (e se accade, si tratta di una minoranza trascurabile), che i sindacati (salvo qualche entità di base) non fanno più paura a nessuno e che di intellettuali veri e propri non se ne vedono praticamente più.
Oggi, la maggior parte di questo popolo dal passato glorioso, può essere "comprato" tranquillamente con "l'ubriacatura programmata" delle partite di calcio onnipresenti in tutti i mezzi di comunicazione, attraverso l'uso costante di uno smartphone che consente di stare perennemente connessi ai social e di dimenticare momentaneamente la realtà delle cose sostituendola con una virtuale e artefatta in cui tutto è permesso e non vi sono più valori né rispetto verso il prossimo e infine mediante l'ascolto di talk show e reality privi di qualsiasi spessore e/o contenuto.
Non si legge più o al massimo ci si ferma ai titoli perché capire i contenuti di un testo è ormai una cosa riservata ai pochi superstiti di questa "macelleria sociale e culturale".
Ecco perché ormai l'ignoranza domina la vita pubblica e privata di ogni italiano, materializzata da comportamenti stupidi e atteggiamenti vigliacchi e opportunisti, il tutto a glorificare un sistema in cui ad emergere rimangono soprattutto i mediocri e i falliti, mentre coloro che sono acculturati e costituiscono gli ultimi residui degli intellettuali italiani vengono "imbavagliati" e/o ridotti in uno stato di isolamento sociale in cui non possono nuocere lo status quo di un Paese ormai avvitato su sé stesso e incapace di risorgere.

Yvan Rettore

venerdì 8 settembre 2023

LA CULTURA SI AFFERMA ATTRAVERSO L'UNITA' DELLA COMUNITA' NON ATTUANDO DIVISIONI E OPPORTUNISMI CHE NE SONO L'ANTITESI



Dispiace dover rimarcare che non vi è collaborazione da parte delle istituzioni vegliesi (amministrazione comunale e Pro Loco) nei confronti di quanto facciamo da oltre quattro mesi.
Ovviamente non pretendiamo di avere l'esclusività di quanto realizziamo ma se da una parte copiare le iniziative di altri è sempre un tentativo azzardato non sempre coronato da successo, dall'altra denota una precisa volontà di andare contro quel principio di inclusione che è uno dei fondamenti del Centro Culturale Carmelo Bene.
Che senso ha infatti operare in modo separato, impedendo di fatto una maggiore evoluzione e diffusione della formazione, delle conoscenze e della cultura sul nostro territorio?
Noi siamo ben consapevoli dei nostri mezzi, della qualità di quanto offriamo e della genuinità assoluta delle nostre azioni in ambito culturale e sociale.
Quindi non temiamo nessuno ma nemmeno sentiamo il bisogno di dover copiare iniziative da altri e nemmeno di entrare in concorrenza con altre entità.
E questo perché non siamo vincolati dal numero dei partecipanti, da prenotazioni, tesseramenti ed iscrizioni che comportano il versamento di denaro (visto che quanto mettiamo a disposizione rimane del tutto gratuito) con la conseguenza che ciò che proponiamo è a tempo indeterminato e non limitato dall'orizzonte dei mezzi finanziari che si possono mettere in campo.
Noi quindi non ci sogneremo mai di fare corsi di formazione di un paio di settimane o qualche seduta di crescita personale giusto per far vedere che siamo in grado di farlo anche noi.
La nostra credibilità ed autorevolezza ne risentirebbero non poco ed inficerebbero l'esistenza stessa del nostro Centro, in quanto una qualsiasi formazione degna di questo nome e/o la crescita individuale di un soggetto non possono assolutamente ridursi a limiti temporali brevi e determinati ma devono piuttosto configurarsi all'interno di un percorso costante e garantito nel tempo che consenta a chiunque vi aderisce di giungere ad una emancipazione e ad un livello di consapevolezza e di conoscenza ben maggiore e significativo.
Ciò che rimpiangiamo da queste iniziative, che lasciano il tempo che trovano, è che sono la manifestazione evidente di una chiusura effettiva verso una diffusione maggiore ed efficace della conoscenza e dell'affermazione della crescita come espressioni autentiche di valori sociali e culturali che dovrebbero essere intrinsechi a qualsiasi comunità.
A rimetterci, non saremo certo noi come Centro, anche perché noi andremo avanti a prescindere da tali azioni e con la consapevolezza che purtroppo altre seguiranno.
A rimetterci sarà soltanto la comunità di cui facciamo parte che si vedrà negata ancora la possibilità di affermarsi in quanto tale attraverso l'unità di tutte quelle entità in grado di poterla effettivamente concretizzare.
Un'occasione sprecata di evoluzione per Veglie.
Peccato.
Peccato davvero!

Prof. Yvan Rettore
Portavoce Centro Culturale Carmelo Bene di Veglie