Lo scrittore romano, Publio Vegezio Renato (vissuto tra il IV e il V secolo dopo Cristo) un giorno ebbe a dire:
Lo scrittore romano, Publio Vegezio
Renato (vissuto tra il IV e il V secolo dopo Cristo) un giorno ebbe a dire:
“Dunque
chi aspira alla pace, prepari la guerra”.
Questa
sua affermazione fu modificata nel modo seguente (tanto che secoli dopo la fece
sua anche Mussolini): “Se vuoi la pace, prepara la guerra”.
Altresì
ho perfino sentito in questi giorni giornalisti autorevoli, come Travaglio,
giustificare il ricorso alle armi in merito al conflitto attualmente in corso
in Ucraina.
E buona
parte del Mainstream e della classe politica appoggiano incondizionatamente
tale posizione.
Migliaia
di anni di “presunta” civiltà per poi rimanere saldamente inchiodati alla
logica deleteria quanto assurda che vuole che ad una violenza subita si debba
comunque sempre reagire con una violenza possibilmente superiore per riuscire
ad imporsi sull’avversario.
Sono
passati anni, secoli, ma in questo siamo ancora rimasti ai tempi bui del Far
West dove in un duello soltanto uno doveva rimanere in piedi.
Invece
di imporre la forza del dialogo e dell’inclusione, di costruire con decisione e
fermezza un percorso di pace partendo da un cessate il fuoco, l’UE continua a
mandare armi e l’Italia del governo Draghi (come ormai è sua consuetudine) a violare
sia la Costituzione (art. 11) che la normativa 185/90 sull’export di armi,
facendo quindi altrettanto.
L’ONU
rimane assente e succube della NATO (che ne copre la maggior parte delle spese)
e personalità autorevoli come il Papa diffondono belle parole restandosene comunque
immobili nei sontuosi palazzi del Vaticano.
Quindi
migliaia di anni di progressi e di presunta civiltà per arrivare a questo?!
A tornare
ancora una volta agli atteggiamenti di intolleranza e di cattiveria del passato
che tanto dolore e morti hanno arrecato all’insieme dell’umanità?
Pensiamo
davvero che costruire la pace consista nell’additare soltanto alcuni popoli (e
non altri) costretti a subire le angherie del despota di turno (e anche l’Occidente
ne ha più di uno in questo momento), andare alle manifestazioni con una
bandierina o esponendo degli slogan ammuffiti, istituire una giornata della
pace, realizzare un parco a suo nome, dipingere panchine con i suoi colori o
lavarsi la coscienza mandando denaro, indumenti, viveri o medicinali a talune
popolazioni in guerra e non ad altre?!
Beh…se
pensiamo tutto questo allora significa che non abbiamo capito un accidente su
come si possano costruire le basi di una pace autentica, credibile e duratura.
Quante scuole
e/o entità educative ci sono nel nostro tanto progredito Occidente che
insegnano ai bambini i valori che costituiscono i pilastri della pace?
Quante educano
alla tolleranza, all’accoglienza, alla solidarietà e all’amore e rispetto verso
il prossimo e il mondo in cui viviamo?
Quante forniscono
una conoscenza genuina e priva di pregiudizi delle diversità religiose, culturali,
sessuali e sociali che contraddistinguono i vari popoli ed etnie che
costituiscono il genere umano?
Le
risposte a queste domande sono probabilmente vicine allo zero o poco più.
Questa
è una triste realtà perché questo ammasso impressionante di ignoranza costituisce
la colonna portante della paura che alimenta ogni regime politico, il quale poi
la usa per fomentare e generare violenze e sopraffazione tali da giustificare il
presunto inevitabile ricorso alla forza che è rappresentato dalla guerra.
Mi si dirà
che sono belle riflessioni le mie ma non certo in grado di scalfire nemmeno minimamente
l’esistente.
Rispondo
che è vero, aggiungendo però da una parte che sarebbe comunque il caso di cominciare
a farci tutti promotori di pace e a rivendicare tale percorso all’interno dei plessi
scolastici e delle strutture educative o quanto meno partire da momenti
extrascolastici in grado, comunque, di attuarli con l’appoggio ed il sostegno concreto
e diretto di tutte le entità locali.
Dall’altra,
sarebbe utile cominciare ad “assediare” tutte le sedi governative e diplomatiche
coinvolte, spingendole a trovare una soluzione pacifica al conflitto attualmente
in atto.
E non
da ultima, mandare brigate internazionali di pace sul territorio ucraino non
soltanto per andare in soccorso delle popolazioni civili ma anche per opporsi con
la sola presenza fisica e regalando semmai fiori ai combattenti sia ucraini che
russi onde cercare di far loro capire quanto sia assurdo proseguire come hanno
fatto finora.
Impossibile?
Assolutamente
no!
La popolazione
russa del Donbass lo ha fatto l’altro giorno nei confronti di blindati ucraini
che di fronte alla resistenza pacifica di quella popolazione ha preferito fare
dietrofront.
E l’esercito
russo da parte sua non ha sparato un solo colpo.
Con
questo tipo di azioni si costruisce la pace.
Yvan
Rettore
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