I giornalisti Fabio Dragoni e Daniele Capezzone lamentano il fatto che non è stata espressa una solidarietà mediatica, politica e istituzionale diffusa in Italia nei confronti del Ministro della Difesa, Guido Crosetto, in relazione alla presunta offesa pronunciata dal Vicepresidente del Consiglio di Sicurezza della Federazione russa Viktor Medvedev nei confronti di quest’ultimo, nella quale ha dichiarato quanto segue: “"Non ci sono molti sciocchi nelle strutture di potere europee, ma il ministro della Difesa italiano è un raro eccentrico".
Detto questo, conviene ricordare
(in particolare a lor signori) quanto segue:
- ·
Il 9 gennaio 2017,
in merito alle tensioni crescenti nelle relazioni con la Russia, l’attuale Ministro
della Difesa aveva dichiarato via Twitter quanto segue: “Assurdo e gratuito
atto ostile della NATO nei confronti della Russia: non si schierano centinaia
di carri armati su un confine all’improvviso.” I cambiamenti di opinione possono
essere legittimi in certi casi determinati, ma quando diventano ripetitivi
suonano come un’incoerenza che finisce col rendere l’esercizio politico non credibile
e inaffidabile.
- · Dall’inizio
della guerra in Ucraina, l’Italia ha spedito armi all’esercito ucraino per circa
76 miliardi di Euro e ampliato un embargo demenziale nei confronti di un
mercato, quello russo, che era (e rimane) fondamentale per l’Italia sia sul
piano economico che energetico, con la conseguenza di avere aggravato
ulteriormente la situazione complessiva del nostro Paese in cui ormai diversi
settori sono ormai prossimi al tracollo, in primis quello sanitario. Questa
maggioranza non è stata votata per far entrare il nostro Paese in guerra, ma
per risollevarne le sorti e finora sta avvenendo l’esatto opposto.
- · Sia l’attuale esecutivo che quello precedente con l’avallo dei rispettivi parlamenti hanno violato: - l’art. 11 della Costituzione in cui viene affermato che l’Italia ripudia la guerra come mezzo di soluzione di qualsiasi conflitto e che il ricorso alle armi è auspicabile unicamente in una prospettiva difensiva e non offensiva – la Legge 185 del 9 luglio 1990 che prevede che le aziende produttrici di armamenti chiedano al governo le autorizzazioni ad esportare e vieta di fornire armi a Paesi in conflitto.
- · I trattati NATO
prevedono che soltanto in caso di aggressione ad un Paese aderente, gli altri siano
chiamati ad intervenire militarmente e logisticamente al conflitto che allora
si aprirebbe
- · Secondo tutti gli
ultimi sondaggi oltre il 55% degli italiani non è d’accordo sul sostegno
militare all’Ucraina e nemmeno su un coinvolgimento maggiore del nostro Paese
nel conflitto. Fra le forze politiche, soltanto gli elettori del PD e di FI appaiono
favorevoli alla guerra in corso e ad un suo inasprimento.
- · L’Italia rimane muta nei confronti delle aggressioni militari del Ruanda (finanziato dagli Stati Uniti e dall’UE) nei confronti del Congo e di quelle praticamente quotidiane di Israele nei confronti dei territori palestinesi, in particolare la striscia di Gaza. In Libia riconosce il governo di Tripoli (pro-americano e gestito da bande criminali) e non quello di Bengasi, perché alla Farnesina non si sono accorti che in quel Paese vi sono due governi in conflitto ormai da anni. In Ucraina riconosce un governo di matrice totalitaria e russofoba (erede di un golpe avvenuto nel 2014) e disconosce la questione del Donbass che ha visto un massacro di oltre 14.000 russi di cittadinanza ucraina dal 2014 ad oggi ad opera dell’esercito regolare ucraino e soprattutto di milizie neofasciste (composte anche da mercenari) al soldo dell’esecutivo attualmente insediato a Kiev. Nei fatti, il governo del nostro Paese (contrariamente alla Turchia, Paese sicuramente non democratico, ma membro della NATO) non si sta assolutamente impegnando nella ricerca di una soluzione pacifica al conflitto (anzi sta facendo l’esatto contrario) e questo senza ascoltare minimamente il proprio popolo che su questo conflitto ha nella sua stragrande maggioranza una posizione diametralmente opposta. Questo doppiopesismo dell’Italia e l’incapacità ormai cronica di avere una politica estera autonoma e definita sono fra le concause più marcate del declino ormai irreversibile del nostro Paese nello scenario internazionale.
Detto questo, come si fa ad
esprimere solidarietà nei confronti del Ministro Crosetto, il quale attraverso
la sua partecipazione attiva all’attuale esecutivo, avalla senza batter ciglio
tutto questo?
Il rispetto delle istituzioni
democratiche dovrebbe avvenire in primo luogo da parte di coloro che le
rappresentano e che sono chiamati a fare esclusivamente il bene del proprio
Paese e non quello di altri.
Nel caso presente, tra violazioni
di normative italiane ed internazionali da parte della nostra classe dirigente,
l’aggravamento generalizzato della situazione del Paese ponendo come priorità
interessi e obiettivi estranei a quelli che potrebbero dare autenticamente
benessere e progresso all’insieme dell’Italia, l’indifferenza nei confronti
della volontà della maggioranza degli italiani in relazione al conflitto in
atto e le scelte scellerate operate sul piano politico, sociale economico,
sanitario ed ambientale, appare del tutto comprensibile che le vicissitudini di
un Ministro nella sua querelle con un politico russo risultino del tutto indifferenti
anche fra coloro che per primi dovrebbero sostenerlo nella sua attività istituzionale.
Della serie, se questo governo e
questo Ministro intendono proseguire su questa strada, facciano pure ma credo
che in un futuro non troppo lontano saranno sempre meno gli italiani disposti ad
appoggiare incondizionatamente un progetto politico che si sta visibilmente arenando
ogni giorno di più.
Sempre che ce ne sia uno, cosa sulla
quale esprimo forti dubbi.
Quindi nessuna solidarietà al
Ministro Crosetto.
Ha fatto le sue scelte (come del
resto il governo a cui appartiene) e quindi se ne assuma direttamente e
soprattutto da solo le proprie responsabilità.
Yvan Rettore
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