La questione è piuttosto complessa e non si può ridurre nel puntare un dito su questi o quelli.
E' indubbio che il settore dell'istruzione pubblica nel nostro Paese si sia fortemente involuto in questi anni, non certo per colpa degli insegnanti ma soprattutto perché le istituzioni hanno sempre più ridotto gli investimenti che sarebbero stati fondamentali per assicurarne un buon rendimento.
Il tutto a scapito di preparazioni professionali adeguate alle esigenze della nostra società attuale e con una mancanza cronica di mezzi in grado di stare al passo con i tempi (ed in questo siamo drammaticamente indietro rispetto ad altre realtà virtuose presenti in Occidente).
Per non parlare delle strutture scolastiche in gran parte fatiscenti o comunque bisognose di interventi strutturali importanti quanto urgenti.
A fronte del decadimento del settore pubblico, i governi che si sono succeduti in questi anni non hanno però mai avuto un comportamento analogo col settore privato, il quale non è mai stato davvero penalizzato dalla notevole contrazione dei costi ed investimenti operata dai nostri esecutivi nel campo dell'istruzione pubblica.
Ne è conseguito che il personale impiegato nell'istruzione pubblica sempre più spesso non ha i mezzi a disposizione per assolvere i propri compiti e parte di esso non è purtroppo adeguatamente formato.
Ovvero il gatto che si morde la coda. I comportamenti iperprotettivi dei genitori (a volte a livelli parossistici) associati ad una mancanza cronica di tempo e di attenzioni reali da dedicare ai figli completano il quadro di una società in cui si è incatenati al lavoro e alle tante necessità della vita quotidiana, non per scelta, ma perché imposti da un sistema che si sta rivelando sempre più distruttivo e controproducente.
La scuola di oggi non è altro che uno degli specchi di questo fallimento.
Yvan Rettore
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