Il governo nato ieri, sostenuto da formazioni politiche che avevano messo in auge il loro consenso come espressione diretta del «popolo» votante e contrarie ai governi tecnici (tecnocratici), conta al suo interno 6 ministri (su 18!) apartitici (e quindi manco appartenenti a uno dei due partiti della coalizione di governo) e si affida ad un accademico che manco ha partecipato alle elezioni e che diventa semplice «esecutore» del contratto pentaleghista.
Aggiungiamoci poi il fatto che Di Maio e Salvini occuperanno dicasteri senza nessuna esperienza professionale e istituzionale alle spalle e privi di qualsiasi titolo formativo per occuparsi delle materie inerenti i loro incarichi, c'è da chiedersi quali sono le differenze con le ex ministre Fedele e Lorenzin che presentavano limiti analoghi nella scorsa legislatura.
Detto questo, l'unica certezza al momento è che la logica del gattopardo rimane ben salda nella tradizione politica del nostro paese.
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