A Napoli, in chiusura del comizio elettorale per le prossime Regionali, la Signora Giorgia Meloni è riuscita per l'ennesima volta a sorprenderci.
Ovviamente, in negativo.
Invitare le personalità presenti sul palco e il pubblico a cantare "Chi non salta, comunista è" e quindi a saltellare rappresenta una caduta di stile che dimostra a che punto di degrado è giunta la classe dirigente di questo Paese.
Innanzitutto, perché in una democrazia e in un Paese autenticamente civile, l'avversario politico va sempre rispettato e mai deriso.
Fare politica non è tifare per una squadra di calcio, ma difendere e argomentare le proprie posizioni in un confronto costruttivo con chi non la pensa come te.
Questa si chiama democrazia.
Ma viste le origini e convinzioni politiche della Premier, non ci si poteva di certo aspettare che agisse diversamente.
D'altro canto ci sono alcuni aspetti fondamentali che denotano la superficialità estrema della Signora Meloni per quanto riguarda i "comunisti", che ovviamente lei non può non considerare come il "male" assoluto.
Innanzitutto, sarebbe doveroso ricordarle che al contrario di quanto avvenuto nei paesi dell'Est, il PCI è stato fra i garanti principali e fondamentali della democrazia in Italia e che al di fuori del tentativo grossolano di Pajetta, non hanno mai minimamente tentato di operare un colpo di Stato con lo scopo di imporre un regime analogo a quelli presenti nel Patto di Varsavia.
L'unico regime totalitario che ha conosciuto il nostro Paese è stato quello del Ventennio fascista, diretto da quel Benito Mussolini, che la Signora Meloni anni fa non esitò a definire nel corso di un'intervista come il più grande statista italiano.
In secondo luogo, i comunisti hanno sempre rappresentato soltanto una delle varie espressioni di quello che si può definire con la denominazione di "popolo di Sinistra" costituito anche da socialisti (nati ben prima dei comunisti), anarchici, ambientalisti, pacifisti, femministi, altermondialisti, ecc...
Oggi, di fatto i comunisti (al di fuori forse di alcuni elementi isolati di Sinistra Italiana) non sono praticamente più rappresentati in Parlamento.
Il PD è ormai un partito di Centrodestra (o al massimo di Centro) che non ha proprio nulla a che vedere con quello che fu il PCI mentre ciò che rimane del M5S si riduce ad una compagine dominata da posizioni populiste confuse che solo a tratti si possono definire di Sinistra.
La fortuna della Signora Meloni è che oggi la Sinistra non è più rappresentata a livello istituzionale (salvo in alcune liste civiche locali) e che il grosso dell'astensionismo odierno è formato proprio da cittadini che non hanno più un vero e proprio referente politico capace e (soprattutto) intenzionato ad impegnarsi nel rivendicare e difendere i capisaldi ideologici e programmatici di quello schieramento.
Detto questo, la performance della Signora Meloni oltre che dimostrare per l'ennesima volta che è più portata nel fare campagna elettorale che nel governare in modo costruttivo ed efficiente il Paese, ha evidenziato le notevoli lacune che la contraddistinguono nella conoscenza effettiva di quella Sinistra che di fatto sta ormai fuori dal Parlamento e che si ritrova ormai soltanto in iniziative e azioni di lotta condotte da sindacati di base, comitati di cittadini e associazioni impegnate nel sociale e nel volontariato.
Yvan Rettore


