Il
21 marzo di ogni anno è la “Giornata nazionale della memoria e dell'impegno in
ricordo delle vittime delle mafie”.
È
sicuramente una commemorazione doverosa quanto importante per ricordare chi ha
sacrificato la propria vita per la difesa della legalità in questo Paese.
Ma
come spesso accade in Italia, al di là dei tanti ed immancabili bei discorsi di
circostanza e parate istituzionali, passa in sordina il fatto più significativo
che vede le mafie ben lungi dall’essere state sconfitte.
Peggio
ancora, perché si tratta di un fenomeno criminale ormai diffuso in varie forme
su tutto il pianeta e dotato di poteri, mezzi ed influenze che nessun gruppo di
pressione al mondo è in grado di disporre, né ha mai avuto e/o potrà mai avere.
La
forza del crimine organizzato è tale da essere presente ormai in ogni settore
della società in modo determinante quanto capillare: dall’economia alla
finanza, passando per la politica che ormai ne è un’indiscutibile vassalla, questa
entità criminale risulta ormai invincibile quanto intoccabile.
Non
esistono allo stato attuale istituzioni, aziende produttive, potentati bancari
che possano ragionevolmente scampare alla sua impressionante penetrazione che
non accenna affatto a diminuire, anzi.
Le
ragioni di tale diffusione sono diverse, ma ce n’è una che appare assolutamente
imprescindibile e che è alla base stessa della permanenza sempre più
asfissiante di questo vero e proprio cancro sociale e culturale nel nostro mondo.
Le
società di stampo capitalista e le democrazie puramente formali (ma anche regimi
totalitari come quello cinese) che ne sono al suo incondizionato servizio si
fondano su un dogma che non è minimamente consentito contestare: il profitto.
In
nome della ricerca del profitto tutto è concesso, tutto è scusabile e tutto è adattabile.
È
una realtà non riconosciuta ufficialmente ma che di fatto appare evidente.
La
creazione e diffusione notevole di paradisi fiscali (accanto a quelli storici
come le “casseforti” per eccellenza del mondo capitalista quali erano e sono
ancora la Svizzera, il Lussemburgo, Monaco o il Liechtenstein) in questi ultimi
anni, la lotta puramente di facciata al contante (perché è sulla circolazione
materiale del denaro che si può evadere meglio il fisco, finanziare la
corruzione e sostenere manovre illegali di investimento quanto di devastazione
ambientale e sociale), le sanzioni blande quanto del tutto inefficaci contro i
reati commessi dai colletti bianchi sono soltanto alcuni aspetti dimostrativi
incontestabili di quanto le organizzazioni criminali possano ormai agire indisturbate
dovunque.
E
chi si mette di traverso al loro dominio viene spazzato via in tanti modi, alcuni
molto sbrigativi caratterizzati da azioni di inaudita violenza, ma la maggior
parte si manifestano sempre più attraverso azioni di ricatto, estorsioni e manovre
pilotate di distruzione dell’immagine e reputazione pubblica.
Chi
non è corruttibile, ricattabile e/o manipolabile in toto dalla criminalità organizzata
non può manco pensare di riuscire ad accedere ai piani alti del mondo che conta.
Non
a caso, i magistrati che lottano ancora contro quel fenomeno sono rimasti i
classici quattro gatti e permangono drammaticamente isolati nelle loro azioni.
E
non a caso, ci ritroviamo con una classe politica formata in gran parte da individui
impresentabili, di una mediocrità assoluta e di scarso (per non dire nessuno)
spessore intellettuale, privi come sono di una cultura di rilievo e di una
formazione di livello elevato, in grado di attestare un’indiscutibile serietà e
competenza.
Tutto
fa brodo per permettere a queste organizzazioni di continuare a fare business
in tutti i modi possibili e poco importa che siano leciti o meno.
È
il profitto che conta e questo mette tutti d’accordo, siano essi membri di
quelle entità sia che ne siano manifestamente esterni perché in nome di questo
dogma non ci sono santi che tengano e la morale (qualunque essa sia) può andare
benissimo a farsi friggere.
I
diritti individuali, sociali e ambientali possono quindi benissimo essere
calpestati, sono sacrificabili e possono quindi tranquillamente rimanere relegati
nei faldoni delle migliaia di leggi in vigore.
Al
massimo possono venire citati di tanto in tanto ed essenzialmente per meri scopi
propagandistici, come è solito fare da tempo l’Occidente che è un indiscutibile
maestro in quest’arte di demonizzazione di coloro che vanno contro gli
interessi delle lobby che lo tengono saldamente in pugno.
Ma
di fronte alle organizzazioni criminali che non si fanno nessun scrupolo nel
ricorrere alle più variegate forme di violenza e dispongono di mezzi di
pressione infiniti, anche queste lobby devono adeguarsi ad accettare il loro
incontrastato dominio sia a livello locale che mondiale.
Sì,
perché le organizzazioni criminali non hanno frontiere, non hanno colori
politici, non si sposano mai con nessuno e fanno accordi con chiunque a loro
convenga.
È
davvero il potere globalizzato per eccellenza ed è quello che ha reso le nostre
società incivili, succubi di un individualismo suicidario, dominate da relazioni
fondate soltanto sull’interesse, dove la paura impera ormai dovunque e in
assenza di principi e valori in grado di considerarle ancora umane.
Oggi,
alcuni intellettuali si sono azzardati a dichiarare che vi è una crisi crescente
di democrazia e rappresentatività in tutto il mondo occidentale.
Sicuramente
è una constatazione che ha un fondo di verità, ma per sconfiggere veramente la
criminalità organizzata vi è soltanto una via ed è quella di superare la logica
perversa della ricerca del profitto ad oltranza e di cessare di considerare
quest’ultimo come un dogma intoccabile.
Soltanto
in questo modo si potrà cominciare a porre le fondamenta di una società
autenticamente solidale ed inclusiva i cui membri si troveranno ad interagire principalmente
per la difesa del bene comune e ad emanciparsi sia individualmente che
socialmente nella condivisione e nel sostegno reciproco evitando così di
rimanere confinati alla volontà deleteria e distruttiva di costruirsi un
orticello blindato in cui vivere, o meglio consumare la vita.
In
parole povere, nelle comunità in cui il dogma del profitto non riesce ad
attecchire, fenomeni criminali come la mafia e altri di natura analoga non
possono trovare spazio e crescere, perché è la natura stessa di tali entità ad
impedirne la nascita e la diffusione.
Yvan
Rettore
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